Fibrillazione all’interno
del governo. Recovery Fund e Mes non stemperano la tensione, anzi la accentuano
con i renziani che minacciano di lasciare l’esecutivo se per la governance del
Recovery verrà istituita una task force.
Ieri, nel giorno in cui le aule
di Camera e Senato hanno approvato, le risoluzioni in favore della posizione
italiana sulla riforma del Meccanismo di stabilità, resta alta la tensione
sulla governance del Recovery plan e sul governo.
In serata, a palazzo madama il voto è risicato. La risoluzione è passata con 156 si, 129 contrari e 4 astensioni. Cinque voti in meno della maggioranza assoluta. Nove senatori del Movimento 5 stelle non hanno partecipato al voto, mentre due, quelli di Mattia Crucioli e Bianca Laura Granato sono stati, nel Movimento, i voti contrari. Dei nove assenti in 4 erano giustificati, secondo quanto si è appreso da fonti parlamentari del M5S. A questi vanno aggiunti Nicola Morra, Laura Angrisani, Rosa Abate, Margherita Corrado, Fabrizio Trentacoste.
Appena uscito dal Senato, il
primo ministro, Giuseppe Conte, si è detto tranquillo, appellandosi a deputati
e senatori, ai quali ha chiesto “Massima coesione. I distinguo fisiologici – ha
affermato Conte - non devono pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi che
ci stanno a cuore e che giustificano la nostra presenza qui.
La struttura del Recovery plan
– ha proseguito il premier - servirà per garantire la realizzazione degli
interventi ed evitare che si sprechino risorse, ma la responsabilità rimane
sempre nel governo perché servirà l'autorizzazione del Consiglio dei ministri.
Ci sarà il coinvolgimento del Parlamento.
C'è stato un colossale
fraintendimento sulla struttura di missione per il Recovery plan – ha continuato
Conte - che deve avere compiti di monitoraggio e non sottrarrà potere e
competenze ai ministeri. Dovrebbe solo essere prevista una clausola di
salvaguardia nel caso in cui le amministrazioni centrali non possano
intervenire ad esercitare i poteri sostitutivi. Non c'è scritto da nessuna
parte quanti manager ci dovranno essere. Comunque – ha spiegato Giuseppe Conte
- serve una struttura per assicurare il monitoraggio dei cantieri e il rispetto
dei tempi. È una cosa assolutamente necessaria".
Ma dal Pd a Italia Viva, i partiti che lo sostengono chiedono maggiore coinvolgimento, anche del Parlamento. Matteo Renzi, ha parlato di “dipiciemmizzare la politica", mentre il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, chiede di “trovare soluzioni ai tanti nodi aperti per andare avanti. Le priorità da scegliere – aggiunge il leader Dem - si devono basare su chiarezza e pazienza unitaria, collegialità e condivisione, rispetto dei ruoli e un adeguato coinvolgimento nei processi delle decisioni determinanti. Se questa volontà non si afferma tutto diventa difficile".
Ma è stato il leader di
Italia Viva, Matteo Renzi, ad usare i toni più duri in un pomeriggio ad alta
tensione in senato. "I duecento miliardi – ha detto - sono una conquista
ma anche una grande responsabilità. Non scambieremo il nostro si alla proposta
di governance con uno strapuntino. Non stiamo chiedendo che nella cabina di
regia ci sia uno nostro.
Il 22 luglio abbiamo chiesto
una cosa: di fronte ai 200 miliardi da spendere o il parlamento fa un dibattito
vero, oppure perdiamo la dignità delle istituzioni. Non va bene che ci arrivi
alle 2 un emendamento alla manovra, una proposta con manager al posto dei ministri.
Colleghi del Pd – ha incalzato Renzi in aula - eravamo nello stesso partito
quando uno di noi firmò un ricorso alla Corte costituzionale contro chi non
voleva farci discutere la manovra. Allora era Salvini, ora è lo stesso.
È una discussione essenziale
per le istituzioni. La task force – ha continuato Renzi - non può sostituire il
parlamento: dov'è il sindacato? Ma non è solo un problema di metodo, anche di
merito. Come si fa a dare 9 miliardi alla Sanità. Io – ha spiegato l’ex premier
- al governo misi 7 miliardi alla Sanità e si parlò di tagli. Per me ce ne
vogliono il doppio, il triplo.
Dico una cifra: 36, quelli
del Mes. Siamo pronti a discutere ma non ad usare la manovra come veicolo di
quello che abbiamo letto sui giornali, compresi i servizi. Se c'è una norma che
mette la governance con i servizi votiamo no.
Se i suoi collaboratori
telefonano ai giornali per dire che vogliamo una poltrona in più, sappia che se
ha bisogno di qualche poltrona ce ne sono tre, due da ministro e una da
sottosegretario. Sono nostre a sua disposizione. Se invece vuole ragionare sul
serio, spieghi che questo non è un talk show, non è il Grande Fratello ma la
politica – ha affermato ancora Renzi applaudito, al termine del suo intervento
anche dagli scranni della Lega.
Sono convinto che Conte tornerà indietro sul piano della cabina di regia sul Recovery Plan. Ora il pallino è in mano nostra, senza di noi il governo non va avanti".
A Renzi, ha fatto eco il segretario
del carroccio, Matteo Salvini. "La Lega e tutto il centrodestra – ha dichiarato
- sono pronti a discutere con il governo se al centro del confronto c'è l'idea
del futuro dell'Italia che abbiamo. Ad esempio sui temi della disabilità, della
sanità, del lavoro, del futuro dell'industria e delle infrastrutture, come l'ex
Ilva di Taranto o il Ponte sullo Stretto.
Mi metto nei panni di chi è
incorso sulla discussione, riguardante il Mes – ha poi detto Salvini a Tg2 Post
- perché chi torna a casa con i problemi di mutuo o delle bollette , ha dovuto
ascoltare l'intervento di alcuni senatori che sembra vivano su Marte. Ho
sentito gente parlare di cose come se fossimo in un momento normale. Bisogna
parlare di salute, scuola e lavoro ora. Che poi alla Camera si voti per abolire
i Decreti sicurezza è una roba che mi fa andare in bestia".
(Fonte Ansa)
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