Ospito, oggi, con piacere un
excursus molto interessante del giornalista professionista, Gaetano Bruno, da
qualche tempo prestato alla politica. Un amico prima che collega. Una visione delle
istituzioni, la sua, molto chiara e trasparente che lo ha portato a scendere in
campo con una convinzione che appartiene a chi sente il dovere di contribuire
alla rinascita politica, economica e sociale di una comunità. In questo caso
quella di Scalea. Città che merita di riappropriarsi della sua Agorà: la piazza
centrale dove, nell’antica Grecia, si svolgeva la vita politica e commerciale.
“Con la gente e per la gente”.
Questo il senso del pensiero di Gaetano Bruno, da un mese presidente del
consiglio comunale di Scalea e consigliere con delega ai fondi comunitari e
alla comunicazione.
La squadra della quale fa parte, capitanata dal sindaco,
Giacomo Perrotta, è ricca di uomini e donne che hanno fatto del loro agire nelle
istituzioni una missione.
“La via maestra – scrive Gaetano in un post sul suo blog www.lappunto.net che vi ripropongo a margine di questa mia riflessione - è e
rimane quella di partire dai bisogni delle fasce più deboli e operare per
l’interesse collettivo in una prospettiva di lungo periodo gestendo però con
tempestività le esigenze nell’immediato”.
“Eravamo
partiti così il primo dicembre del 2019 spiegando cosa non volevo che fosse
questo sito e fino al maggio di questo anno –
che definire particolare è quantomeno riduttivo – ero riuscito a dare una discreta continuità
alla pubblicazione dei contenuti. Già da qualche tempo, però, era partita una
nuova avventura personale che, dall’inizio della primavera del 2019 mi avrebbe
pian piano assorbito sempre più tempo e che sarebbe poi sfociata in un percorso
politico per le elezioni amministrative nella città di Scalea.
Da giornalista,
per anni, avevo avuto contatti quotidiani con rappresentanti istituzionali e
anche con i cittadini e le categorie sociali, raccontando i complicati rapporti
tra chi gestisce la cosa pubblica e chi è il destinatario delle scelte e, devo
essere sincero, non sono stato quasi mai tenero con la politica perché le
aspettative sono sempre molto alte e il sentire comune e diffuso, anche
suffragato negli anni da tanti episodi di malapolitica, corruzione, o più
semplicemente scarsa efficienza dell’azione amministrativa a tutti i livelli,
ha alimentato scoraggiamento e sfiducia verso chi amministra.
Oggi, dopo essere
passato da poco più di un mese “dall’altra parte della barricata” ho una
visione più ampia del fenomeno, sicuramente arricchita da un punto di vista che
prima mi era sconosciuto. Ho compreso, fin da subito, che la direzione che
un’amministrazione intende dare alla propria azione con i fatti concreti è
sicuramente un segnale chiaro per chi lo lancia ma non si può essere certi come
quel segnale venga percepito all’esterno e, più che altro, se il messaggio che
viene lanciato viene preso per buono, viene accolto con fiducia o con
diffidenza.
Ho capito, vivendolo direttamente, che quello che quotidianamente
bisogna affrontare sotto gli aspetti tecnici e soprattutto procedurali e
burocratici per partorire un provvedimento che sia propedeutico ad un’azione
amministrativa è un intreccio di richieste, protocolli, relazioni personali e
contatti umani quotidiani.
Ma non è questo l’argomento che voglio affrontare in
questo articolo perché da amministratore oggi dico a me stesso che bisogna
soltanto lavorare a testa bassa come stiamo facendo e tirare la somme a
medio/lungo termine consapevoli che non si può accontentare tutti e che la via
maestra è e rimane quella di partire dai bisogni delle fasce più deboli e
operare per l’interesse collettivo in una prospettiva di lungo periodo gestendo
però con tempestività le esigenze nell’immediato.
Ad aprile del 2018 era finita
la mia esperienza lavorativa più lunga e significativa nel settore del
giornalismo che aveva completato un periodo di quindici anni durante i quali mi
ero occupato di quello che accadeva sul territorio cercando di analizzare in
maniera obiettiva i fenomeni e offrendo spunti di riflessione. Qualche mese
dopo sarebbe nata mia figlia. Due avvenimenti che, in maniera totalmente
diversa, hanno cambiato la traiettoria della mia vita e le mie prospettive. Se
da una parte la politica attiva mi aveva sempre affascinato, dall’altro avevo
preferito restare un “soggetto terzo” del dibattito visto il mio lavoro e
questo nonostante le vicende della città di Scalea avessero scosso non poco la
mia coscienza.
L’arrivo di mia figlia mi ha fatto pensare alla responsabilità
che ognuno di noi deve sentire rispetto al futuro. Che mondo vogliamo lasciare
ai nostri figli? Quali esempi? Ho deciso per questi motivi che poteva essere il
momento di impegnarmi direttamente e provare a contribuire alla crescita della
città.
Ho trovato in ‘’Scalea Europea’’ un gruppo di persone aperte al dialogo,
un gruppo che grazie allo stimolo di Palmiro, da diversi anni si confrontava e
lavorava per suggerire idee e proposte e che aveva in Giacomo Perrotta, amico
di vecchia data, il presidente che sarebbe diventato poi il nostro candidato a
sindaco. Insomma un gruppo vero, non nato a ridosso di una tornata elettorale
per poi dissolversi di fronte ad accordi, lusinghe e promesse di poltrone.
Ho
iniziato da subito ad essere propositivo e a stimolare l’organizzazione di
incontri finalizzati prima ad allargare il gruppo e poi a costruire una lista
per le elezioni del 2021, finché gli eventi hanno imposto di accelerare
accorciando i tempi e anticipando di un anno la chiamata alle urne. Il fatto di
essere partiti con largo anticipo rispetto alla presunta date delle elezioni ci
ha avvantaggiato anche nel periodo del lockdown durante il quale abbiamo
proseguito con i confronti lavorando molto più sulle idee che sui nomi. In
questo modo siamo riusciti a costruire un percorso che ha portato ad aggregare
diverse persone, molte più di quante ne servissero per presentare una lista
privilegiando il metodo e i contenuti.
Piuttosto che i portatori di voti
abbiamo cercato portatori di idee, di entusiasmo e di voglia di costruire per
la collettività e non per carriere politiche personali iniziando a lavorare sul
programma prima che sulle candidature. Questa impostazione è stato un o dei
presupposti alla mia partecipazione alla vita dell’associazione e credo abbia
costituito un segnale distintivo forte rispetto alle logiche che negli ultimi
anni avevano portato alla costruzione di liste last-minute finalizzate soltanto
alla vittoria, figlie di fusioni a freddo che non hanno fatto altro che creare
bolle speculative di amministrazioni fragili i cui risultati sono sotto gli
occhi di tutti.
Soltanto dopo lunghi mesi di lavoro e di impegno, a giugno
dello scorso anno, ho confermato la mia disponibilità alla candidatura perché
ritenevo e ritengo che un posto in una lista bisogna guadagnarselo prima che
agli occhi dei propri compagni di viaggio e degli elettori, di fronte allo
specchio.
Bisogna dimostrare a se stessi prima che a chicchessia quanto si è
disposti a spendersi per un progetto senza pretendere nulla per se e soltanto
con la finalità di contribuire ad una crescita culturale e, successivamente
economica della collettività. Perché il più grande problema che la politica ha
generato è far credere alla gente che partecipare sia inutile.
E invece il
presupposto della vita sociale e della gestione della “polis” è proprio la
partecipazione che non è soltanto la candidatura ma l’interessarsi ai problemi
della collettività con fare risolutivo. E’ molto facile sottolineare un
problema e lo dice chi, per anni, per lavoro sentiva il dovere di essere il
“cane da guardia della democrazia”. Dall’altra parte però deve esserci una
tensione alla proposta alla soluzione, il mettersi a disposizione per invertire
la tendenza. Una buona politica, una buona classe dirigente affronta i problemi
per risolverli con le proprie competenze e attingendo alle risorse presenti in
un ambito territoriale.
La sfida più grande della politica, almeno della mia
politica, è quello di favorire l’instaurazione di rapporti tra persone, enti,
associazioni che siano produttivi, che mettano cioè in rete le competenze e le
capacità per trasformare i problemi in opportunità. Con questo spirito ho
partecipato alla formazione delle liste e alla campagna elettorale. Due momenti
diversi e particolarmente significativi perché da un lato hanno messo alla
prova la determinazione di un gruppo di voler mantenere un’identità costruita
nel tempo con la certezza di poter offrire una valida alternativa
all’elettorato, dall’altro mi hanno chiamato a mettere in campo tutte le
risorse acquisite in tanti di esperienze in vari settori della comunicazione
per direzionare alcuni processi fondamentali.
Mandando indietro il nastro del
film che dal giorno della proclamazione porta alle due settimane precedenti la
presentazione delle liste sono tanti i momenti che meriterebbero di essere
raccontanti. Più in generale mi limito a dire che ciò che mi ha soddisfatto è
stata la capacità del gruppo di dimostrarsi tale con i fatti e di mettere in
primo piano il progetto politico rispetto a qualsiasi altra cosa.
Certo non
potrò dimenticare le lacrime di commozione di Gino Russo appena uscito dal
comune il giorno della presentazione delle liste, o le giornate precedenti a
discutere in sede su come gestire incontri e trattative e poi le riunioni per
organizzare i comizi, il lavoro per la realizzazione del materiale elettorale.
Momenti davvero significativi di una prima esperienza che si sarebbe concretizzata
con un piccolo miracolo. Non so chi avrebbe scommesso sulla vittoria della
nostra lista, a conti fatti direi 2708 persone, ma quando abbiamo avuto la
certezza che le liste a concorrere erano soltanto tre in cuor mio ho pensato
che avremmo potuto farcela.
Sono state quattro settimane intensissime quelle
che hanno portato al voto del 20 e 21 settembre, con il timore del Covid, le
norme di distanziamento, lo spoglio effettuato addirittura il 22 settembre per
la concomitanza con il referendum per il taglio dei parlamentari. Settimane
intense che la vittoria finale ha coronato con una grande soddisfazione e un
eguale carico di responsabilità che fin da subito tutti abbiamo sentito addosso
ma che abbiamo accolto con grande entusiasmo e voglia di realizzare qualcosa di
positivo che possa essere ricordato.
Tra le cose più belle le tante persone
incontrate e quelle con le quali si sono rinsaldati rapporti di conoscenza tra
tutti i compagni di viaggio di questa splendida avventura. Tutti
importantissimi nel cammino, ma oltre questi, fondamentali sono stati mia
moglie e mia figlia. Quest’ultima motore di tutto ormai da due anni, la prima
benzina quotidiana e supporto amorevole, lucido e anche severo quando serve.
Personalmente
ho fatto fatica a chiedere il voto di preferenza. Ho grande rispetto del
diritto di voto che è personale, uguale, libero e segreto ma più di qualche
amico mi ha detto che “se il voto non lo chiedo non te lo puoi aspettare”. Alla
fine ho trovato un giusto compromesso. Qualcuno mi ha anticipato dichiarandosi
entusiasta della mia partecipazione diretta alla campagna elettorale, qualche
altro l’ho incontrato per capire quale fosse l’orientamento di voto della gente
e cercando di perorare la causa del progetto politico che stavamo portando
avanti più che l’ambizione personale di un posto nel consiglio comunale. Il
voto è di chi lo esercita non di chi lo riceve e le motivazioni dietro una
preferenza possono essere tante.
Personalmente mi auguro di essere stato scelto
per aver ispirato fiducia non nei mesi della campagna elettorali ma negli anni precedenti,
non solo per la conoscenza o l’amicizia ma con cognizione di causa.
In ogni
caso 253 persone hanno scritto il mio nome sulla scheda elettorale. Un
risultato lusinghiero, che commentavo così sulla mia pagina facebook il 23
settembre: 253 attestazioni di stima che mi onorano e mi caricano di una forte
responsabilità che mi impegnerò a rispettare con impegno e dedizione. La cosa
che più mi stava a cuore era la vittoria della nostra lista per coronare un
percorso lungo e intenso, un lavoro meticoloso che ci ha consacrato come
squadra.
Abbiamo dato il massimo e da domani continueremo con l’obiettivo di
dare a Scalea un presente normale e un futuro straordinario. Ancora non sono
riuscito a rispondere a tutti i messaggi che mi sono arrivati ma l’affetto di
questi giorni è una carica di energia che porterò con me da qui in avanti. Grazie
ancora a tutti dal più profondo del cuore.
A poco meno di un mese dal consiglio
comunale di insediamento dove sono stato eletto Presidente del Consiglio e dove
mi sono state affidate le deleghe ai fondi comunitari e alla comunicazione, la
consapevolezza della responsabilità assunta aumenta giorno dopo giorno ma, allo
stesso tempo, c’è una gran voglia di lavorare e di realizzare progetti
importanti, una voglia che dà continuità e stimolo all’impulso che ha originato
questa avventura.
Non credo che questo blog diventerà un diario dell’esperienza
amministrativa ma sarei ipocrita se vi dicessi che di tanto in tanto non vi
racconterò come vanno le cose. Anche perché uno degli aspetti positivi di
questa esperienza e che, a dispetto di quanto si legge sui social e della
negatività alla quale più o meno tutti spesso ci abbandoniamo, ci sono tante
energie positive che hanno soltanto bisogno di essere incanalate, ascoltate, a
volte coordinate o semplicemente incoraggiate e di queste continuerò ad
occuparmi, dal mio osservatorio di amministratore comunale ma senza mai
impedire al giornalista di raccontarli”.
Gaetano Bruno