mercoledì 21 aprile 2021

UNPLI COSENZA: “IN PUNTA DI PIEDI… SI RIPARTE. SPAZIO ALLE EMOZIONI DEL MONDO DELLO SPETTACOLO”, IL NUOVO CONTEST DELLE PRO LOCO CHE COINVOLGE LE SCUOLE DI DANZA E I GRUPPI FOLKLORISTICI

 

L’emergenza Covid, ha stravolto la quotidianità fatta anche di eventi, piazze vissute e animate dagli incontri organizzati dalle Pro Loco e, con loro, tutto il mondo delle associazioni che si muovono nei contesti della cultura e dello spettacolo. 

Quest’ultima, è la categoria che ha più risentito della crisi pandemica. In primis, le scuole di danza, per i quali si ritarda ancora la ripartenza. 

Ecco perché l’Unpli Cosenza ha inteso organizzare un contest online, dedicato proprio al mondo della danza e ai gruppi folkloristici come promotrici di cultura, identità e territorio e come supporto e vicinanza da parte dell’organismo provinciale. 

In Punta di Piedi… si riparte. Spazio alle emozioni del mondo dello spettacolo”. Questo il titolo, che è la conferma dell'azione e del coinvolgimento delle risorse locali per quanto riguarda l’animazione delle proprie realtà e dell’importanza delle relazioni e rapporti con altri organismi del territorio. 

La promozione presso l'Unpli, inoltre, garantisce un'impronta di riferimento e di qualità, evidenziando che l’azione di valorizzazione delle realtà originarie diventa uno strumento di sostenibilità, innovazione e coesione sociale, soprattutto in un periodo come quello attuale. 

“Si prospetta un indirizzo che riprende quanto deliberato nei consigli e assemblee provinciali relativi appunto a riempire l'Albo degli artisti locali, definendo una mappatura precisa dei territori dove ogni Pro Loco agisce, pertanto ritengo che l’azione di coinvolgere organizzazioni come le scuole di ballo, i gruppi folkloristici, le bande musicali, rientrano nella mission dell’Unpli Provinciale con la funzione di ampliare la conoscenza delle varie realtà ed allo stesso tempo definire la nostra banca dati dove determinati servizi saranno immediati e perciò collegati alle iniziative che potremmo mettere in campo”. Così il presidente provinciale, Antonello Grosso La Valle.

La condivisione e la sinergia, diventano fondamentali per una reale ripartenza, il coinvolgimento delle parti attive di un territorio e l’esaltazione delle nostre eccellenze che si manifestano attraverso il lavoro di quegli ambiti che si basano sulla formazione, attraverso anche l’attività fisica come nelle scuole di danza e che coinvolge anche i più piccoli, e sulla conoscenza dei territori come disseminatori di cultura, corrisponde al raggiungimento di uno standard strategico che pone la passione e l’impegno in ciò che si fa e la motivazione a lavorare con spirito di squadra. 

L’augurio e che si possa presto ritornare a condividere spazi e momenti, anche “in punta di piedi”.

mercoledì 24 febbraio 2021

Emergenza Covid - 19. Il ministro della Salute, Roberto Speranza: "Non ci sono oggi le condizioni per allentare le misure"

 

"Non ci sono oggi le condizioni per allentare le misure". È quanto afferma, il ministro della salute, Roberto Speranza, nell’informativa al Senato, in vista del nuovo Dpcm che, in vigore dal 6 marzo al 6 aprile, conterrà provvedimenti di contrasto alla diffusione del coronavirus.

"Argineremo il virus grazie alla scienza e al lavoro quotidiano del nostro personale sanitario – ha continuato Speranza -. Vediamo la luce in fondo al tunnel.

In questo ultimo miglio non possiamo, però, abbassare la guardia. Non ci sono le condizioni epidemiologiche per allentare le misure di contrasto alla pandemia, in un quadro in cui la variante inglese è presente su gran parte del territorio nazionale.

È indispensabile dire sempre la verità al paese sull'andamento della pandemia – ha spiegato il ministro della salute -.La cabina di regia, ha evidenziato che per la terza settimana consecutiva, si confermano segnali di tendenza ad un graduale incremento dell'evoluzione epidemiologica. 

L'incidenza settimanale, supera la soglia di 200 casi per 100mila abitanti in 3 regioni. È lontana dal livello che consentirebbe l'identificazione e il tracciamento dei contatti sul territorio nazionale. 

Abbiamo le terapie intensive in 5 regioni sopra la soglia critica del 30%, mediamente a livello nazionale sono occupate al 24%. 

Negli ultimi giorni – ha detto Roberto Speranza – si è consolidato l'aumento complessivo del numero delle persone ricoverate.

L'indice Rt medio, calcolato sui casi sintomatici nell'ultimo rilevamento, è a 0,99, in crescita rispetto alla settimana precedente e con un limite superiore che va oltre 1. Dieci regioni – prosegue Speranza - hanno un Rt puntuale maggiore di 1, in aumento rispetto alla settimana precedente. Questo significa che l'Rt con le misure in vigore si avvia a superare la soglia di 1”.

Il ministro Speranza, nella sua informativa a Palazzo Madama, si è soffermato anche sul ruolo del Comitato tecnico scientifico.

 "Va ringraziato per il prezioso aiuto – ha ribadito - ma tutto quello che può essere fatto per renderlo più agile e tempestivo è sicuramente utile al nostro lavoro. E anche l'idea di una comunicazione più univoca con un portavoce è una proposta che può essere considerata positivamente".

venerdì 19 febbraio 2021

Emergenza Covid - 19. Da domenica Campania, Emilia Romagna e Molise in zona arancione. Lombardia in fascia gialla

 

Il Ministro della Salute, Roberto Speranza, sulla base dei dati e delle indicazioni della Cabina di Regia, firmerà in giornata una nuova ordinanza che andrà in vigore a partire da domenica 21 febbraio. Passano in area arancione le regioni Campania, Emilia Romagna e Molise.

La Lombardia resterà in fascia gialla.

All'interno della regione, però, ci sono quattro eccezioni: dal 24 febbraio, infatti, a Bollate, nel milanese, Castrezzato, in provincia di Brescia, Mede, in provincia di Pavia e Viggiù, nel varesotto, sono applicate le disposizioni previste nella fascia rossa. 

Lo prevede un'ordinanza firmata dal presidente della Regione, Attilio Fontana, sentito il ministro della Salute.

In quei Comuni, le attività scolastiche e didattiche di tutte le classi delle scuole primarie e secondarie si svolgono con modalità a distanza. La sospensione riguarda anche asili nidi e scuole materne. 

“Siamo intervenuti con limitazioni localizzate per contenere meglio, tracciare e isolare i piccoli focolai – ha scritto il governatore Fontana su Twitter -. 

Azioni, mirate a mantenere la Lombardia il più possibile libera da restrizioni. Serve massima attenzione da parte di tutti. Serve che arrivino i vaccini”.

Emergenza Covid - 19. Cambia la colorazione delle regioni. Il governatore della Campania: "E' probabile che torneremo in zona arancione"

 

Si scurisce nuovamente la mappa delle regioni italiane.

Secondo quanto si è appreso dalla Cabina di regia per il monitoraggio settimanale dell'epidemia di covid-19 in Italia, che si è riunita questa mattina Molise, Campania ed Emilia Romagna ritorneranno, con molta probabilità, in zona arancione, con regole e misure più restrittive per contrastare la diffusione del Covid - 19. Bolzano e Umbria, dovrebbero diventare area rossa.  Solo la Valle D'Aosta potrebbe diventare zona bianca. 

“È molto probabile che torneremo in zona arancione? Assolutamente si – ha affermato il governatore della Campania, Vincenzo De Luca - ma credo che abbiate visto anche voi le immagini di questo fine settimana.

Migliaia e migliaia di persone in mezzo alle strade - ha ribadito De Luca -. Nessun rispetto delle regole. Chi controllava? Qui, ormai, il controllo in Italia non esiste più. 

Nessuno controlla più nulla. Bisogna contare solo sul senso di responsabilità dei cittadini. Ma in questi fine settimana che abbiamo alle spalle di senso di responsabilità ne abbiamo visto molto poco. Era inevitabile tornare in zona arancione e poi in zona rossa.

La Campania sta lavorando con una manifestazione d'interesse per reperire qualche milione di vaccini sul piano internazionale, senza fare propaganda sgangherata. Per quello che ci riguarda - ha spiegato De Luca - stiamo lavorando per procurarci i vaccini necessari”.

giovedì 18 febbraio 2021

Replica del premier, Mario Draghi alla Camera dei deputati. "Spero condividiate lo sguardo rivolto al futuro che confido ispiri lo sforzo comune per uscire dalla pandemia e dalla crisi economica e che certamente caratterizzerà l'azione del mio governo".

 

"Un Paese capace di attrarre investitori deve difendersi dai fenomeni corruttivi. Lo deve fare comunque intendiamoci. Questi portano a effetti depressivi sul tessuto economico e sulla libera concorrenza".

È quanto ha affermato il premier, Mario Draghi, nella sua replica alla Camera dei deputati prima del voto di fiducia che dovrebbe tenersi intorno alle ore 20:00.

“Sugli appalti è centrale il ruolo dell'Anac – ha continuato Draghi - anche per i suoi compiti di vigilanza collaborativa con le amministrazioni pubbliche. 

Sulla criminalità, è vero che i dati quantitativi sono andati migliorando negli ultimi anni, ma la percezione che ne hanno i cittadini no. E deve essere la percezione a guidare e a stimolare l'azione sempre più efficace.

La farraginosità degli iter – ha dichiarato Mario Draghi - è causa inaccettabile di ritardi amministrativi ma anche terreno fertile in cui si annidano e prosperano i fenomeni illeciti. La trasparenza della Pa è un presupposto logico perché consente ai cittadini di analizzare ogni azione

Non dovrà essere trascurata la condizione di tutti coloro che lavorano e vivono nelle carceri – ha continuato il presidente del consiglio - spesso sovraffollate, esposte a rischio e paura del contagio. 

Il governo si impegna anche a migliorare la giustizia civile e penale e sulla necessità di un processo giusto e di durata ragionevole in linea con la durata degli altri paesi europei”.

Il primo ministro ha parlato anche di turismo e sport.

“Ieri – ha ribadito - ho detto che se c'è un settore che riparte è quello, quindi merita sostegno mentre su altri settori tecnologici non lo sappiamo.

Il fatto, poi, che non abbia detto nulla ieri sullo sport non significa che non sia meno importante. È un mondo profondamente radicato nella nostra società e nell'immaginario collettivo, fortemente colpito dalla pandemia.

Questo governo si impegna a preservare e sostenere sistema il sportivo italiano tenendo conto della sua peculiare struttura e dei molteplici aspetti che lo caratterizzano, non solo in relazione all'impatto economico, agli investimenti e ai posti di lavoro ma anche per il suo straordinario valore sociale, educativo, formativo, salutistico.

Spero che condividiate questo sguardo, costantemente rivolto al futuro che confido ispiri lo sforzo comune per uscire dalla pandemia e dalla crisi economica e che certamente caratterizzerà l'azione del mio governo".

Enews Matteo Renzi: "L’avvento di Draghi è una svolta per il Governo"

 

“Ieri il Senato ha votato la fiducia a Mario Draghi, oggi toccherà alla Camera.  Sintesi finale di una crisi che era nata al buio ma che ha portato molta luce nella politica italiana”.

Nella sue Enews, il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, mette in evidenza come a Palazzo Chigi sia arrivato uno degli uomini italiani più stimati al mondo.

“La destra si è divisa e una parte dei sovranisti è divenuta europeista – scrive Renzi - .

I soldi del Recovery Plan sono in buone mani e il principio che Draghi ha espresso è sacrosanto: ogni spreco è un torto alle nuove generazioni.

Il Movimento Cinque Stelle si divide e una parte dei “duri e puri” sarà espulsa.

L’Italia è più forte sui tavoli internazionali, nella presidenza del G20, in Europa.

La maggioranza parlamentare è ampia e non ci sarà bisogno di ricorrere ai Ciampolillo di turno.

Abbiamo un Governo che mette al centro i nostri figli e non le nostre ambizioni.

Adesso la partita politica si fa affascinante – afferma Matteo Renzi -. A destra vedremo se e come recupereranno le divisioni ma certo che è divertente vedere la nuova conversione europeista. Tutti diventano europeisti: ieri Di Maio, oggi Salvini. Domani Meloni?

A sinistra è nato un intergruppo parlamentare tra PD, Leu e Cinque Stelle. Come ho detto ieri al Tg2, mi spiace per i riformisti. 

E mi fa sorridere pensare che le decisioni della sinistra non vengano prese nei gazebo con le primarie, ma sulla piattaforma Rousseau. Dobbiamo rispettare la scelta dei nostri ex compagni di strada.

Quello che è certo è che questa mutazione del quadro politico può essere letta solo in un più ampio orizzonte europeo. Se la destra si europeizza è un bene e la grande famiglia dei popolari non potrà che contenere questo gruppo.

Se la sinistra si coalizza intorno a Leu, Cinque Stelle e il PD immagino che i socialisti europei potranno accogliere la neonata formazione.

Noi di Italia Viva – continua l’ex premier - dovremo essere i promotori, non da soli, di quella che in Italia sarà la casa del buon senso, dei riformisti, di un mondo liberal-democratico che in Francia ha Emmanuel Macron, in Danimarca Margrethe Vestager, in Belgio Charles Michel, in Lussemburgo Xavier Bettel e tanti altri riferimenti nel mondo.

 Per questo ricordo a tutti l’appuntamento della Scuola di Formazione Politica "Meritare l'Europa", che si terrà dall'1 al 3 settembre prossimi, a Ponte di Legno, rivolta ai ragazzi Under 30, e la Leopolda 11 di Novembre, che sarà proprio dedicata a “Renew Europe”. 

L’avvento di Draghi è una svolta per il Governo ma produrrà una grande rivoluzione anche nella politica italiana. Noi saremo protagonisti del tentativo di europeizzare i partiti di casa nostra. Avanti tutta che il meglio deve ancora venire”.

Espulsioni nel M5S. Ieri tra i 40 voti contrari al governo Draghi, 15 sono arrivati da senatori del Movimento 5 Stelle.


 I no all'esecutivo Draghi,sono arrivati anche da alcuni big come l’ex ministra per il Sud, Barbara Lezzi, e il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra.

A loro si sono uniti Rosa Abate, Luisa Angrisani, Margherita Corrado, Mattia Crucioli, Fabio De Micco, Silvana Giannuzzi, Bianca Laura Granato, Virginia La Mura, Elio Lannutti, Matteo Mantero, Vilma Moronese, Cataldo Mininno e Fabrizio Ortis.

Questa mattina, l’incipit di Vito Crimi. 

“15 senatori che hanno votato no alla fiducia saranno espulsi – ha scritto Crimi in lungo post su Facebook -.

Ieri al Senato il MoVimento 5 Stelle ha votato sì. Non lo ha fatto a cuor leggero, è evidente. Ma lo ha fatto. Lo ha fatto con coerenza, nel rispetto dell'orientamento emerso in seguito all'ultima consultazione, dove la maggioranza dei nostri iscritti si è espressa a favore. E lo ha fatto con coraggio, assumendosi la responsabilità di una scelta che non guarda all'interesse esclusivo del MoVimento o al facile consenso, bensì agli interessi di tutti i cittadini italiani e della nostra comunità nazionale.

Quello di chi ha votato sì è un voto unitario – ha affermato Crimi - una responsabilità collettiva, non del singolo. I compromessi con sé stessi, con i propri credo, convinzioni e valori, sono quelli più difficili.

Riuscire ad affrontarli e sostenerli per il bene di un Paese che sta vivendo il momento più difficile della sua storia recente non è una sconfitta, è un valore aggiunto in termini di etica e dignità.

I 15 senatori che hanno votato no sono venuti meno all'impegno del portavoce del MoVimento che deve rispettare le indicazioni di voto provenienti dagli iscritti – ha continuato Vito Crimi -. Tra l'altro, il voto sul nascente Governo non è un voto come un altro. È il voto dal quale prendono forma la maggioranza che sostiene l'esecutivo e l'opposizione. Ed ora i 15 senatori che hanno votato no si collocano, nei fatti, all'opposizione.

Per tale motivo, - ha spiegato l’esponente grillino - non potranno più far parte del gruppo parlamentare del MoVimento al Senato. Ho dunque invitato il capogruppo a comunicare il loro allontanamento, ai sensi dello Statuto e del regolamento del gruppo.

Sono consapevole che questa decisione non piacerà a qualcuno, ma se si pretende rispetto per chi la pensa diversamente, lo stesso rispetto si deve a chi mette da parte le proprie posizioni personali e contribuisce al lavoro di un gruppo che non ha altro obiettivo che quello di servire i cittadini e il Paese”.

mercoledì 17 febbraio 2021

Senato. Depositata la mozione di fiducia

 

La mozione di fiducia al governo Draghi, proposta dalla maggioranza, è stata depositata in Aula.

Le firme sono quelle degli 8 gruppi parlamentari che sostengono l'esecutivo, in ordine di grandezza:

Movimento 5 stelle, Lega, Forza Italia, Pd, Leu, Italia viva, Europeisti – Maie -Centro democratico e il gruppo delle Autonomie.

Nel testo, pochissime righe e 'standard':

"Il Senato, udite le comunicazioni del presidente del Consiglio dei ministri esprime la fiducia al governo".

Discorso premier in Senato. Della Vedova (+Europa): "Fiducia al presidente del consiglio". Monti: "Qualità di Draghi ineccepibili"

 

"Avevamo assicurato a Draghi una 'fiducia preventiva'. Il discorso programmatico di oggi conferma che abbiamo fatto bene”.

Così il segretario di Più Europa, Benedetto Della Vedova che si riconosce pienamente nelle parole del primo ministro.

“Sull'Europa e l'Euro, su un piano vaccinale immediato che coinvolga tutte le risorse disponibili pubbliche e private, sulla sostenibilità ambientale e l'innovazione per rilanciare l'economia, sulla necessità di evitare sprechi di risorse pubbliche, sulla concorrenza come elemento essenziale per la crescita economica, sulla coesione territoriale come su ricerca e scuola. Così come sulla strategia per il Next Generation Eu". 

Per l’ex primo ministro e senatore a vita, Mario Monti, è una "felice circostanza avere un uomo di questa qualità alla guida del governo".

Fiducia al governo Draghi. Il no di Fratelli d'Italia

 

“Dopo aver ascoltato da Draghi un intervento di generica visione politica, che evita però di calarsi nelle scelte concrete da effettuare, confermiamo il nostro no a questo Governo”.

È quanto afferma la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, in un post su Facebook.

“Non si può chiedere agli italiani un supplemento di fiducia al buio nei confronti del nuovo esecutivo – scrive Meloni -.

Entreremo nel merito delle singole questioni evidenziate da Draghi durante il dibattito in Aula, e valuteremo i singoli provvedimenti che saranno votati, senza cessioni di sovranità che non ci appartengono.

Spero che Draghi ce la faccia, io tifo per l'Italia e faccio opposizione nell'interesse dell'Italia ha detto Giorgia Meloni nella registrazione di ‘’Porta a Porta’’ che andrà in onda stasera su Rai 1 -.

Nelle due volte che ho incontrato Draghi gli ho detto: 'Noi siamo patrioti, se lei farà cose che consideriamo giuste per la nazione, ci saranno i nostri voti e non chiediamo ministri in cambio".


Discorso del premier in Senato. Zingaretti: "L'Italia è in buone mani". Speranza: "Dal premier parole giuste"

 

"Bene il presidente Draghi. Dalle sue parole una conferma: l'Italia è in buone mani. Il Pd farà la sua parte in questa sfida".

È quanto ha dichiarato il segretario Dem, Nicola Zingaretti.

“Un ottimo inizio, scrive Matteo Orfini su Twitter, mentre per Ermete Realacci, già presidente della commissione Ambiente della Camera ora presidente di Symbola “quello di Draghi è un discorso eccellente e inclusivo". 

Da parte del ministro della salute, Roberto Speranza, esponente di Leu, parole di stima. 

"La casa come primo luogo di cura e la sanità del territorio come pilastro della riforma del Servizio sanitario nazionale. 

Dal Presidente Draghi le parole giuste sul futuro del nostro bene più prezioso".

Discorso del primo ministro al Senato. Matteo Salvini: "Ottimo punto di partenza. La Lega c'è"

 

"Più salute e meno tasse, più rimpatri e meno burocrazia, più cantieri e meno sprechi, responsabilità e rispetto nei confronti delle future generazioni, orgoglio di essere italiani”.

È il commento a caldo del segretario della lega, Matteo Salvini dopo il discorso del premier in Senato.

Ottimo punto di partenza – ha ribadito Salvini - nel nome dell'efficienza, della trasparenza e del cambiamento. La Lega c'è!".

Vedremo di essere la parte concreta di questa maggioranza: le liti le lascio agli altri”.

Discorso del premier al Senato. Matteo Renzi: "Il primo ministro ha dato una visione"

 

"Valeva la pena aprire la crisi? Sì. E chi aveva dei dubbi dovrebbe solo sentire il discorso di Draghi".

È quanto ha affermato il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, dialogando con i giornalisti a Palazzo Madama, a margine del primo discorso del premier, Mario Draghi.

"Lo avete sentito? – ha detto Renzi -. Draghi ha dato una visione. Un discorso per un programma di due anni? Anche più lungo.

Nei prossimi due anni - ha aggiunto l’ex primo ministro - ci sarà una riorganizzazione della politica. Se a sinistra si fa l'intergruppo Pd - M5s - Leu sulla linea Zingaretti - Bettini e i partiti a destra si europeizzano e diventato spendibili in Europa, al centro si apre un'area liberal democratica riformista che in Europa è rappresentata da Macron, Michel e Vestager.  Italia viva si può fare promotrice e aggregatrice.”

E sul Mes che non c’è?. È questo un argomento caro al leader di Italia Viva.

“Lasciamo che il presidente del Consiglio faccia le sue valutazioni – ha asserito Matteo Renzi - .

Oggi è una grande giornata per l'Italia: il premier ha fatto un discorso molto bello, di grande visione. Tutti oggi possono essere felici, perché è un passo in avanti".

Discorso del premier Draghi al Senato. Berlusconi: "Amore per l'Italia stella polare". Bernini: "Discorso pragmatico e di altissimo spessore"

 

"L'amore per l'Italia e il senso del dovere cui ha fatto riferimento il Presidente del Consiglio sono la stella polare che ha orientato il nostro impegno responsabile dall'inizio della pandemia”.

Così, il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, commentando il discorso del primo ministro, Mario Draghi, al Senato.

“L’amore per il nostro Paese – ha continuato Berlusconi - è la ragione per la quale abbiamo chiesto la nascita di questo governo e per la quale lo sosterremo con impegno e dedizione totale all'interesse della nazione". 

Per la presidente dei senatori di Forza Italia, Anna Maria Bernini, è stato un "discorso pragmatico e di altissimo spessore, che ha tracciato il percorso per traghettare l'Italia fuori dalla crisi pandemica.

Dal piano vaccinale con il coinvolgimento di Protezione civile e Forze armate, alla ripartenza in sicurezza della scuola, dai dettagli sul Recovery Plan al rilancio del lavoro attraverso la riqualificazione e non solo con i sussidi, abbiamo colto grandi segnali di discontinuità che vanno nella giusta direzione.

Forza Italia – ha continuato la senatrice Bernini - aveva indicato per prima la strada dell'unità nazionale per uscire dall'emergenza. Ci riconosciamo pienamente nelle parole del premier, a cui fin dal voto di fiducia di stasera garantiremo il massimo sostegno".

 

Il governo alla prova del Senato. "L'unità è un dovere". E' uno dei passaggi del discorso del primo ministro, Mario Draghi

L'unità, oggi, non è un'opzione ma un dovere. 

Competenza, coraggio, umiltà.

Posto integralmente il discorso del premier, Mario Draghi, nella consapevolezza che, oggi più di ieri, essere al servizio completo della Nazione, operando solo per il bene della stessa, sia sinonimo di amore e passione.  


"Il primo pensiero che vorrei condividere, nel chiedere la vostra fiducia, riguarda la nostra

responsabilità nazionale. Il principale dovere cui siamo chiamati, tutti, io per primo come

presidente del Consiglio, è di combattere con ogni mezzo la pandemia e di salvaguardare

le vite dei nostri concittadini. Una trincea dove combattiamo tutti insieme. Il virus è nemico

di tutti. Ed è nel commosso ricordo di chi non c’è più che cresce il nostro impegno. Prima

di illustrarvi il mio programma, vorrei rivolgere un altro pensiero, partecipato e solidale, a

tutti coloro che soffrono per la crisi economica che la pandemia ha scatenato, a coloro

che lavorano nelle attività più colpite o fermate per motivi sanitari. Conosciamo le loro

ragioni, siamo consci del loro enorme sacrificio e li ringraziamo. Ci impegniamo a fare di

tutto perché possano tornare, nel più breve tempo possibile, nel riconoscimento dei loro

diritti, alla normalità delle loro occupazioni. Ci impegniamo a informare i cittadini con

sufficiente anticipo, per quanto compatibile con la rapida evoluzione della pandemia, di

ogni cambiamento nelle regole.

Il Governo farà le riforme ma affronterà anche l’emergenza. Non esiste un prima e un

dopo. Siamo consci dell’insegnamento di Cavour:”… le riforme compiute a tempo, invece

di indebolire l’autorità, la rafforzano”. Ma nel frattempo dobbiamo occuparci di chi soffre

adesso, di chi oggi perde il lavoro o è costretto a chiudere la propria attività.

Nel ringraziare, ancora una volta il presidente della Repubblica per l’onore dell’incarico

che mi è stato assegnato, vorrei dirvi che non vi è mai stato, nella mia lunga vita

professionale, un momento di emozione così intensa e di responsabilità così ampia.

Ringrazio altresì il mio predecessore Giuseppe Conte che ha affrontato una situazione di

emergenza sanitaria ed economica come mai era accaduto dall’Unità d’Italia.

Si è discusso molto sulla natura di questo governo. La storia repubblicana ha dispensato

una varietà infinita di formule. Nel rispetto che tutti abbiamo per le istituzioni e per il

corretto funzionamento di una democrazia rappresentativa, un esecutivo come quello che

ho l’onore di presiedere, specialmente in una situazione drammatica come quella che

stiamo vivendo, è semplicemente il governo del Paese. Non ha bisogno di alcun aggettivo

che lo definisca. Riassume la volontà, la consapevolezza, il senso di responsabilità delle

forze politiche che lo sostengono alle quali è stata chiesta una rinuncia per il bene di tutti,

dei propri elettori come degli elettori di altri schieramenti, anche dell’opposizione, dei

cittadini italiani tutti. Questo è lo spirito repubblicano di un governo che nasce in una

situazione di emergenza raccogliendo l’alta indicazione del capo dello Stato.

La crescita di un’economia di un Paese non scaturisce solo da fattori economici. Dipende

dalle istituzioni, dalla fiducia dei cittadini verso di esse, dalla condivisione di valori e di

speranze. Gli stessi fattori determinano il progresso di un Paese.

Si è detto e scritto che questo governo è stato reso necessario dal fallimento della politica.

Mi sia consentito di non essere d’accordo. Nessuno fa un passo indietro rispetto alla

propria identità ma semmai, in un nuovo e del tutto inconsueto perimetro di

collaborazione, ne fa uno avanti nel rispondere alle necessità del Paese, nell’avvicinarsi

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ai problemi quotidiani delle famiglie e delle imprese che ben sanno quando è il momento

di lavorare insieme, senza pregiudizi e rivalità.

Nei momenti più difficili della nostra storia, l’espressione più alta e nobile della politica si

è tradotta in scelte coraggiose, in visioni che fino a un attimo prima sembravano

impossibili. Perché prima di ogni nostra appartenenza, viene il dovere della cittadinanza.

Siamo cittadini di un Paese che ci chiede di fare tutto il possibile, senza perdere tempo,

senza lesinare anche il più piccolo sforzo, per combattere la pandemia e contrastare la

crisi economica. E noi oggi, politici e tecnici che formano questo nuovo esecutivo siamo

tutti semplicemente cittadini italiani, onorati di servire il proprio Paese, tutti ugualmente

consapevoli del compito che ci è stato affidato.

Questo è lo spirito repubblicano del mio governo.

La durata dei governi in Italia è stata mediamente breve ma ciò non ha impedito, in

momenti anche drammatici della vita della nazione, di compiere scelte decisive per il

futuro dei nostri figli e nipoti. Conta la qualità delle decisioni, conta il coraggio delle visioni,

non contano i giorni. Il tempo del potere può essere sprecato anche nella sola

preoccupazione di conservarlo. Oggi noi abbiamo, come accadde ai governi

dell’immediato Dopoguerra, la possibilità, o meglio la responsabilità, di avviare una Nuova

Ricostruzione. L’Italia si risollevò dal disastro della Seconda Guerra Mondiale con

orgoglio e determinazione e mise le basi del miracolo economico grazie a investimenti e

lavoro. Ma soprattutto grazie alla convinzione che il futuro delle generazioni successive

sarebbe stato migliore per tutti. Nella fiducia reciproca, nella fratellanza nazionale, nel

perseguimento di un riscatto civico e morale. A quella Ricostruzione collaborarono forze

politiche ideologicamente lontane se non contrapposte. Sono certo che anche a questa

Nuova Ricostruzione nessuno farà mancare, nella distinzione di ruoli e identità, il proprio

apporto. Questa è la nostra missione di italiani: consegnare un Paese migliore e più giusto

ai figli e ai nipoti.

Spesso mi sono chiesto se noi, e mi riferisco prima di tutto alla mia generazione, abbiamo

fatto e stiamo facendo per loro tutto quello che i nostri nonni e padri fecero per noi,

sacrificandosi oltre misura. È una domanda che ci dobbiamo porre quando non facciamo

tutto il necessario per promuovere al meglio il capitale umano, la formazione, la scuola,

l’università e la cultura. Una domanda alla quale dobbiamo dare risposte concrete e

urgenti quando deludiamo i nostri giovani costringendoli ad emigrare da un paese che

troppo spesso non sa valutare il merito e non ha ancora realizzato una effettiva parità di

genere. Una domanda che non possiamo eludere quando aumentiamo il nostro debito

pubblico senza aver speso e investito al meglio risorse che sono sempre scarse. Ogni

spreco oggi è un torto che facciamo alle prossime generazioni, una sottrazione dei loro

diritti. Esprimo davanti a voi, che siete i rappresentanti eletti degli italiani, l’auspicio che il

desiderio e la necessità di costruire un futuro migliore orientino saggiamente le nostre

decisioni. Nella speranza che i giovani italiani che prenderanno il nostro posto, anche qui

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in questa aula, ci ringrazino per il nostro lavoro e non abbiano di che rimproverarci per il

nostro egoismo.

Questo governo nasce nel solco dell’appartenenza del nostro Paese, come socio

fondatore, all’Unione europea, e come protagonista dell’Alleanza Atlantica, nel solco delle

grandi democrazie occidentali, a difesa dei loro irrinunciabili principi e valori. Sostenere

questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro, significa

condividere la prospettiva di un’Unione Europea sempre più integrata che approderà a

un bilancio pubblico comune capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione. Gli

Stati nazionali rimangono il riferimento dei nostri cittadini, ma nelle aree definite dalla loro

debolezza cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa. Anzi,

nell’appartenenza convinta al destino dell’Europa siamo ancora più italiani, ancora più

vicini ai nostri territori di origine o residenza. Dobbiamo essere orgogliosi del contributo

italiano alla crescita e allo sviluppo dell’Unione europea. Senza l’Italia non c’è l’Europa.

Ma, fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine. C’è solo l’inganno

di ciò che siamo, nell’oblio di ciò che siamo stati e nella negazione di quello che potremmo

essere. Siamo una grande potenza economica e culturale. Mi sono sempre stupito e un

po’ addolorato in questi anni, nel notare come spesso il giudizio degli altri sul nostro

Paese sia migliore del nostro. Dobbiamo essere più orgogliosi, più giusti e più generosi

nei confronti del nostro Paese. E riconoscere i tanti primati, la profonda ricchezza del

nostro capitale sociale, del nostro volontariato, che altri ci invidiano.

Lo stato del Paese dopo un anno di pandemia

Da quando è esplosa l’epidemia, ci sono stati -- i dati ufficiali sottostimano il fenomeno --

92.522 morti, 2.725.106 cittadini colpiti dal virus, in questo momento 2.074 sono i

ricoverati in terapia intensiva. Ci sono 259 morti tra gli operatori sanitari e 118.856 sono

quelli contagiati, a dimostrazione di un enorme sacrificio sostenuto con generosità e

impegno. Cifre che hanno messo a dura prova il sistema sanitario nazionale, sottraendo

personale e risorse alla prevenzione e alla cura di altre patologie, con conseguenze

pesanti sulla salute di tanti italiani.

L’aspettativa di vita, a causa della pandemia, è diminuita: fino a 4 - 5 anni nelle zone di

maggior contagio; un anno e mezzo - due in meno per tutta la popolazione italiana. Un

calo simile non si registrava in Italia dai tempi delle due guerre mondiali.

La diffusione del virus ha comportato gravissime conseguenze anche sul tessuto

economico e sociale del nostro Paese. Con rilevanti impatti sull’occupazione,

specialmente quella dei giovani e delle donne. Un fenomeno destinato ad aggravarsi

quando verrà meno il divieto di licenziamento.

Si è anche aggravata la povertà. I dati dei centri di ascolto Caritas, che confrontano il

periodo maggio-settembre del 2019 con lo stesso periodo del 2020, mostrano che da un

anno all’altro l’incidenza dei “nuovi poveri” passa dal 31% al 45%: quasi una persona su

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due che oggi si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta. Tra i nuovi poveri aumenta in

particolare il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, degli italiani, che

sono oggi la maggioranza (52% rispetto al 47,9 % dello scorso anno) e delle persone in

età lavorativa, di fasce di cittadini finora mai sfiorati dall’indigenza.

Il numero totale di ore di Cassa integrazione per emergenza sanitaria dal 1 aprile al 31

dicembre dello scorso anno supera i 4 milioni. Nel 2020 gli occupati sono scesi di 444

mila unità ma il calo si è accentrato su contratti a termine (-393 mila) e lavoratori autonomi

(-209). La pandemia ha finora ha colpito soprattutto giovani e donne, una disoccupazione

selettiva ma che presto potrebbe iniziare a colpire anche i lavoratori con contratti a tempo

indeterminato.

Gravi e con pochi precedent storici gli effetti sulla diseguaglianza. In assenza di interventi

pubblici il coefficiente di Gini, una misura della diseguaglianza nella distribuzione del

reddito, sarebbe aumentato, nel primo semestre del 2020 (secondo una recente stima),

di 4 punti percentuali, rispetto al 34.8% del 2019. Questo aumento sarebbe stato

maggiore di quello cumulato durante le due recenti recessioni. L’aumento nella

diseguaglianza è stato tuttavia attenuato dalle reti di protezione presenti nel nostro

sistema di sicurezza sociale, in particolare dai provvedimenti che dall’inizio della

pandemia li hanno rafforzati. Rimane però il fatto che il nostro sistema di sicurezza sociale

è squilibrato, non proteggendo a sufficienza i cittadini con impieghi a tempo determinato

e i lavoratori autonomi.

Le previsioni pubblicate la scorsa settimana dalla Commissione europea indicano che

sebbene nel 2020 la recessione europea sia stata meno grave di quanto ci si aspettasse

-- e che quindi già fra poco più di un anno si dovrebbero recuperare i livelli di attività

economica pre-pandemia – in Italia questo non accadrà prima della fine del 2022, in un

contesto in cui, prima della pandemia, non avevamo ancora recuperato pienamente gli

effetti delle crisi del 2008-09 e del 2011-13.

La diffusione del Covid ha provocato ferite profonde nelle nostre comunità, non solo sul

piano sanitario ed economico, ma anche su quello culturale ed educativo. Le ragazze e i

ragazzi hanno avuto, soprattutto quelli nelle scuole secondarie di secondo grado, il

servizio scolastico attraverso la Didattica a Distanza che, pur garantendo la continuità del

servizio, non può non creare disagi ed evidenziare diseguaglianze. Un dato chiarisce

meglio la dinamica attuale: a fronte di 1.696.300 studenti delle scuole secondarie di

secondo grado, nella prima settimana di febbraio solo 1.039.372 studenti (il 61,2% del

totale) ha avuto assicurato il servizio attraverso la Didattica a Distanza.

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Le priorità per ripartire

Questa situazione di emergenza senza precedenti impone di imboccare, con decisione e

rapidità, una strada di unità e di impegno comune.

Il piano di vaccinazione. Gli scienziati in soli 12 mesi hanno fatto un miracolo: non era

mai accaduto che si riuscisse a produrre un nuovo vaccino in meno di un anno. La nostra

prima sfida è, ottenutene le quantità sufficienti, distribuirlo rapidamente ed

efficientemente.

Abbiamo bisogno di mobilitare tutte le energie su cui possiamo contare, ricorrendo alla

protezione civile, alle forze armate, ai tanti volontari. Non dobbiamo limitare le

vaccinazioni all’interno di luoghi specifici, spesso ancora non pronti: abbiamo il dovere di

renderle possibili in tutte le strutture disponibili, pubbliche e private. Facendo tesoro

dell’esperienza fatta con i tamponi che, dopo un ritardo iniziale, sono stati permessi anche

al di fuori della ristretta cerchia di ospedali autorizzati. E soprattutto imparando da Paesi

che si sono mossi più rapidamente di noi disponendo subito di quantità di vaccini

adeguate. La velocità è essenziale non solo per proteggere gli individui e le loro comunità

sociali, ma ora anche per ridurre le possibilità che sorgano altre varianti del virus.

Sulla base dell’esperienza dei mesi scorsi dobbiamo aprire un confronto a tutto campo

sulla riforma della nostra sanità. Il punto centrale è rafforzare e ridisegnare la sanità

territoriale, realizzando una forte rete di servizi di base (case della comunità, ospedali di

comunità, consultori, centri di salute mentale, centri di prossimità contro la povertà

sanitaria). È questa la strada per rendere realmente esigibili i “Livelli essenziali di

assistenza” e affidare agli ospedali le esigenze sanitarie acute, post acute e riabilitative.

La “casa come principale luogo di cura” è oggi possibile con la telemedicina, con

l’assistenza domiciliare integrata.

La scuola: non solo dobbiamo tornare rapidamente a un orario scolastico normale, anche

distribuendolo su diverse fasce orarie, ma dobbiamo fare il possibile, con le modalità più

adatte, per recuperare le ore di didattica in presenza perse lo scorso anno, soprattutto

nelle regioni del Mezzogiorno in cui la didattica a distanza ha incontrato maggiori

difficoltà.

Occorre rivedere il disegno del percorso scolastico annuale. Allineare il calendario

scolastico alle esigenze derivanti dall’esperienza vissuta dall’inizio della pandemia. Il

ritorno a scuola deve avvenire in sicurezza.

È necessario investire in una transizione culturale a partire dal patrimonio identitario

umanistico riconosciuto a livello internazionale. Siamo chiamati disegnare un percorso

educativo che combini la necessaria adesione agli standard qualitativi richiesti, anche nel

panorama europeo, con innesti di nuove materie e metodologie, e coniugare le

competenze scientifiche con quelle delle aree umanistiche e del multilinguismo.

Infine è necessario investire nella formazione del personale docente per allineare l’offerta

educativa alla domanda delle nuove generazioni.

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In questa prospettiva particolare attenzione va riservata agli ITIS (istituti tecnici). In

Francia e in Germania, ad esempio, questi istituti sono un pilastro importante del sistema

educativo. E’ stato stimato in circa 3 milioni, nel quinquennio 2019-23, il fabbisogno di

diplomati di istituti tecnici nell’area digitale e ambientale. Il Programma Nazionale di

Ripresa e Resilienza assegna 1,5 md agli ITIS, 20 volte il finanziamento di un anno

normale pre-pandemia. Senza innovare l’attuale organizzazione di queste scuole,

rischiamo che quelle risorse vengano sprecate.

La globalizzazione, la trasformazione digitale e la transizione ecologica stanno da anni

cambiando il mercato del lavoro e richiedono continui adeguamenti nella formazione

universitaria. Allo stesso tempo occorre investire adeguatamente nella ricerca, senza

escludere la ricerca di base, puntando all’eccellenza, ovvero a una ricerca riconosciuta a

livello internazionale per l’impatto che produce sulla nuova conoscenza e sui nuovi

modelli in tutti i campi scientifici. Occorre infine costruire sull’esperienza di didattica a

distanza maturata nello scorso anno sviluppandone le potenzialità con l’impiego di

strumenti digitali che potranno essere utilizzati nella didattica in presenza.

Oltre la pandemia

Quando usciremo, e usciremo, dalla pandemia, che mondo troveremo? Alcuni pensano

che la tragedia nella quale abbiamo vissuto per più di 12 mesi sia stata simile ad una

lunga interruzione di corrente. Prima o poi la luce ritorna, e tutto ricomincia come prima.

La scienza, ma semplicemente il buon senso, suggeriscono che potrebbe non essere

così.

Il riscaldamento del pianeta ha effetti diretti sulle nostre vite e sulla nostra salute,

dall’inquinamento, alla fragilità idrogeologica, all’innalzamento del livelllo dei mari che

potrebbe rendere ampie zone di alcune città litoranee non più abitabili. Lo spazio che

alcune megalopoli hanno sottratto alla natura potrebbe essere stata una delle cause della

trasmissione del virus dagli animali all'uomo.

Come ha detto papa Francesco "Le tragedie naturali sono la risposta della terra al nostro

maltrattamento. E io penso che se chiedessi al Signore che cosa pensa, non credo mi

direbbe che è una cosa buona: siamo stati noi a rovinare l'opera del Signore”.

Proteggere il futuro dell’ambiente, conciliandolo con il progresso e il benessere sociale,

richiede un approccio nuovo: digitalizzazione, agricoltura, salute, energia, aerospazio,

cloud computing, scuole ed educazione, protezione dei territori , biodiversità,

riscaldamento globale ed effetto serra, sono diverse facce di una sfida poliedrica che

vede al centro l’ecosistema in cui si svilupperanno tutte le azioni umane.

Anche nel nostro Paese alcuni modelli di crescita dovranno cambiare. Ad esempio il

modello di turismo, un’attività che prima della pandemia rappresentava il 14 per cento

del totale delle nostre attività economiche. Imprese e lavoratori in quel settore vanno

aiutati ad uscire dal disastro creato dalla pandemia. Ma senza scordare che il nostro

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turismo avrà un futuro se non dimentichiamo che esso vive della nostra capacità di

preservare, cioè almeno non sciupare, città d’arte, luoghi e tradizioni che successive

generazioni attraverso molti secoli hanno saputo preservare e ci hanno tramandato.

Uscire dalla pandemia non sarà come riaccendere la luce. Questa osservazione, che gli

scienziati non smettono di ripeterci, ha una conseguenza importante. Il governo dovrà

proteggere i lavoratori, tutti i lavoratori, ma sarebbe un errore proteggere

indifferentemente tutte le attività economiche. Acune dovranno cambiare, anche

radicalmente. E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel

cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi

mesi.

La capacità di adattamento del nostro sistema produttivo e interventi senza precedenti

hanno permesso di preservare la forza lavoro in un anno drammatico: sono stati sette

milioni i lavoratori che hanno fruito di strumenti di integrazione salariale per un totale di 4

miliardi di ore. Grazie a tali misure, supportate anche dalla Commissione Europea

mediante il programma SURE, è stato possibile limitare gli effetti negativi

sull'occupazione. A pagare il prezzo più alto sono stati i giovani, le donne e i lavoratori

autonomi. E’ innanzitutto a loro che bisogna pensare quando approntiamo una strategia

di sostegno delle imprese e del lavoro, strategia che dovrà coordinare la sequenza degli

interventi sul lavoro, sul credito e sul capitale.

Centrali sono le politiche attive del lavoro. Affinché esse siano immediatamente operative

è necessario migliorare gli strumenti esistenti, come l’assegno di riallocazione,

rafforzando le politiche di formazione dei lavoratori occupati e disoccupati. Vanno anche

rafforzate le dotazioni di personale e digitali dei centri per l’impiego in accordo con le

regioni. Questo progetto è già parte del Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza

ma andrà anticipato da subito.

Il cambiamento climatico, come la pandemia, penalizza alcuni settori produttivi senza che

vi sia un’espansione in altri settori che possa compensare. Dobbiamo quindi essere noi

ad assicurare questa espansione e lo dobbiamo fare subito.

La risposta della politica economica al cambiamento climatico e alla pandemia dovrà

essere una combinazione di politiche strutturali che facilitino l’innovazione, di politiche

finanziarie che facilitino l’accesso delle imprese capaci di crescere al capitale e al credito

e di politiche monetarie e fiscali espansive che agevolino gli investimenti e creino

domanda per le nuove attività sostenibili che sono state create.

Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta.

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Parità di genere

La mobilitazione di tutte le energie del Paese nel suo rilancio non può prescindere dal

coinvolgimento delle donne. Il divario di genere nei tassi di occupazione in Italia rimane

tra i più alti di Europa: circa 18 punti su una media europea di 10. Dal dopoguerra ad

oggi, la situazione è notevolmente migliorata, ma questo incremento non è andato di pari

passo con un altrettanto evidente miglioramento delle condizioni di carriera delle donne.

L’Italia presenta oggi uno dei peggiori gap salariali tra generi in Europa, oltre una cronica

scarsità di donne in posizioni manageriali di rilievo.

Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla

legge: richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi. Intendiamo

lavorare in questo senso, puntando a un riequilibrio del gap salariale e un sistema di

welfare che permetta alle donne di dedicare alla loro carriera le stesse energie dei loro

colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro.

Garantire parità di condizioni competitive significa anche assicurarsi che tutti abbiano

eguale accesso alla formazione di quelle competenze chiave che sempre più

permetteranno di fare carriera – digitali, tecnologiche e ambientali. Intendiamo quindi

investire, economicamente ma soprattutto culturalmente, perché sempre più giovani

donne scelgano di formarsi negli ambiti su cui intendiamo rilanciare il Paese. Solo in

questo modo riusciremo a garantire che le migliori risorse siano coinvolte nello sviluppo

del Paese.

Il Mezzogiorno

Aumento dell’occupazione, in primis, femminile, è obiettivo imprescindibile: benessere,

autodeterminazione, legalità, sicurezza sono strettamente legati all’aumento

dell’occupazione femminile nel Mezzogiorno. Sviluppare la capacità di attrarre

investimenti privati nazionali e internazionali è essenziale per generare reddito, creare

lavoro, investire il declino demografico e lo spopolamento delle aree interne. Ma per

raggiungere questo obiettivo occorre creare un ambiente dove legalità e sicurezza siano

sempre garantite. Vi sono poi strumenti specifici quali il credito d’imposta e altri interventi

da concordare in sede europea.

Per riuscire a spendere e spendere bene, utilizzando gli investimenti dedicati dal Next

Generation EU occorre irrobustire le amministrazioni meridionali, anche guardando con

attenzione all’esperienza di un passato che spesso ha deluso la speranza.

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Gli investimenti pubblici

In tema di infrastrutture occorre investire sulla preparazione tecnica, legale ed economica

dei funzionari pubblici per permettere alle amministrazioni di poter pianificare, progettare

ed accelerare gli investimenti con certezza dei tempi, dei costi e in piena compatibilità

con gli indirizzi di sostenibilità e crescita indicati nel Programma nazionale di Ripresa e

Resilienza. Particolare attenzione va posta agli investimenti in manutenzione delle opere

e nella tutela del territorio, incoraggiando l’utilizzo di tecniche predittive basate sui più

recenti sviluppi in tema di Intelligenza artificiale e tecnologie digitali. Il settore privato deve

essere invitato a partecipare alla realizzazione degli investimenti pubblici apportando più

che finanza, competenza, efficienza e innovazione per accelerare la realizzazione dei

progetti nel rispetto dei costi previsti.

Next Generation EU

La strategia per i progetti del Next Generation EU non può che essere trasversale e

sinergica, basata sul principio dei co-benefici, cioè con la capacità di impattare

simultaneamente più settori, in maniera coordinata.

Dovremo imparare a prevenire piuttosto che a riparare, non solo dispiegando tutte le

tecnologie a nostra disposizione ma anche investendo sulla consapevolezza delle nuove

generazioni che “ogni azione ha una conseguenza”.

Come si è ripetuto più volte, avremo a disposizione circa 210 miliardi lungo un periodo di

sei anni.

Queste risorse dovranno essere spese puntando a migliorare il potenziale di crescita

della nostra economia. La quota di prestiti aggiuntivi che richiederemo tramite la

principale componente del programma, lo Strumento per la ripresa e resilienza, dovrà

essere modulata in base agli obiettivi di finanza pubblica.

Il precedente Governo ha già svolto una grande mole di lavoro sul Programma di ripresa

e resilienza (PNRR). Dobbiamo approfondire e completare quel lavoro che, includendo

le necessarie interlocuzioni con la Commissione Europea, avrebbe una scadenza molto

ravvicinata, la fine di aprile.

Gli orientamenti che il Parlamento esprimerà nei prossimi giorni a commento della bozza

di Programma presentata dal Governo uscente saranno di importanza fondamentale nella

preparazione della sua versione finale. Voglio qui riassumere l’orientamento del nuovo

Governo.

Le Missioni del Programma potranno essere rimodulate e riaccorpate, ma resteranno

quelle enunciate nei precedenti documenti del Governo uscente, ovvero l’innovazione, la

digitalizzazione, la competitività e la cultura; la transizione ecologica; le infrastrutture per

la mobilità sostenibile; la formazione e la ricerca; l’equità sociale, di genere,

generazionale e territoriale; la salute e la relativa filiera produttiva.

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Dovremo rafforzare il Programma prima di tutto per quanto riguarda gli obiettivi strategici

e le riforme che li accompagnano.

Obiettivi strategici:

Il Programma è finora stato costruito in base ad obiettivi di alto livello e aggregando

proposte progettuali in missioni, componenti e linee progettuali. Nelle prossime settimane

rafforzeremo la dimensione strategica del Programma, in particolare con riguardo agli

obiettivi riguardanti la produzione di energia da fonti rinnovabili, l’inquinamento dell’aria e

delle acque, la rete ferroviaria veloce, le reti di distribuzione dell’energia per i veicoli a

propulsione elettrica, la produzione e distribuzione di idrogeno, la digitalizzazione, la

banda larga e le reti di comunicazione 5G.

Il ruolo dello Stato e il perimetro dei suoi interventi dovranno essere valutati con

attenzione. Compito dello dello Stato è utilizzare le leve della spesa per ricerca e sviluppo,

dell’istruzione e della formazione, della regolamentazione, dell’incentivazione e della

tassazione.

In base a tale visione strategica, il Programma nazionale di Ripresa e Resilienza

indicherà obiettivi per il prossimo decennio e più a lungo termine, con una tappa

intermedia per l’anno finale del Next Generation EU, il 2026. Non basterà elencare

progetti che si vogliono completare nei prossimi anni. Dovremo dire dove vogliamo

arrivare nel 2026 e a cosa puntiamo per il 2030 e il 2050, anno in cui l’Unione Europea

intende arrivare a zero emissioni nette di CO2 e gas clima-alteranti.

Selezioneremo progetti e iniziative coerenti con gli obiettivi strategici del Programma,

prestando grande attenzione alla loro fattibilità nell’arco dei sei anni del programma.

Assicureremo inoltre che l’impulso occupazionale del Programma sia sufficientemente

elevato in ciascuno dei sei anni, compreso il 2021.

Chiariremo il ruolo del terzo settore e del contributo dei privati al Programma Nazionale

di Ripresa e Resilienza attraverso i meccanismi di finanziamento a leva (fondo dei fondi).

Sottolineeremo il ruolo della scuola che tanta parte ha negli obiettivi di coesione sociale

e territoriale e quella dedicata all'inclusione sociale e alle politiche attive del lavoro

Nella sanità dovremo usare questi progetti per porre le basi, come indicato sopra, per

rafforzare la medicina territoriale e la telemedicina.

La governance del Programma di ripresa e resilienza è incardinata nel Ministero

dell’Economia e Finanza con la strettissima collaborazione dei Ministeri competenti che

definiscono le politiche e i progetti di settore. Il Parlamento verrà costantemente informato

sia sull’impianto complessivo, sia sulle politiche di settore.

Infine il capitolo delle riforme che affronterò ora separatamente.

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Le riforme

Il Next generation EU prevede riforme.

Alcune riguardano problemi aperti da decenni ma che non per questo vanno dimenticati.

Fra questi la certezza delle norme e dei piani di investimento pubblico, fattori che limitano

gli investimenti, sia italiani che esteri. inoltre la concorrenza: chiederò all’Autorità garante

per la concorrenza e il mercato, di produrre in tempi brevi come previsto dalla Legge

Annuale sulla Concorrenza (Legge 23 luglio 2009, n. 99) le sue proposte in questo

campo.

Negli anni recenti i nostri tentativi di riformare il paese non sono stati del tutto assenti, ma

i loro effetti concreti sono stati limitati. Il problema sta forse nel modo in cui spesso

abbiamo disegnato le riforme: con interventi parziali dettati dall’urgenza del momento,

senza una visione a tutto campo che richiede tempo e competenza. Nel caso del fisco,

per fare un esempio, non bisogna dimenticare che il sistema tributario è un meccanismo

complesso, le cui parti si legano una all’altra. Non è una buona idea cambiare le tasse

una alla volta. Un intervento complessivo rende anche più difficile che specifici gruppi di

pressione riescano a spingere il governo ad adottare misure scritte per avvantaggiarli.

Inoltre, le esperienze di altri paesi insegnano che le riforme della tassazione dovrebbero

essere affidate a esperti, che conoscono bene cosa può accadere se si cambia

un’imposta. Ad esempio la Danimarca, nel 2008, nominò una Commissione di esperti in

materia fiscale. La Commissione incontrò i partiti politici e le parti sociali e solo dopo

presentò la sua relazione al Parlamento. Il progetto prevedeva un taglio della pressione

fiscale pari a 2 punti di Pil. L’aliquota marginale massima dell’imposta sul reddito veniva

ridotta, mentre la soglia di esenzione veniva alzata.

Un metodo simile fu seguito in Italia all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso quando

il governo affidò ad una commissione di esperti, fra i quali Bruno Visentini e Cesare

Cosciani, il compito di ridisegnare il nostro sistema tributario, che non era stato più

modificato dai tempi della riforma Vanoni del 1951. Si deve a quella commissione

l’introduzione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e del sostituto d’imposta per i

redditi da lavoro dipendente. Una riforma fiscale segna in ogni Paese un passaggio

decisivo. Indica priorità, dà certezze, offre opportunità, è l’architrave della politica di

bilancio

In questa prospettiva va studiata una revisione profonda dell’Irpef con il duplice obiettivo

di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo, riducendo gradualmente il carico

fiscale e preservando la progressività. Funzionale al perseguimento di questi ambiziosi

obiettivi sarà anche un rinnovato e rafforzato impegno nell’azione di contrasto

all’evasione fiscale.

L’altra riforma che non si può procrastinare è quella della pubblica amministrazione.

Nell’emergenza l’azione amministrativa, a livello centrale e nelle strutture locali e

periferiche, ha dimostrato capacità di resilienza e di adattamento grazie a un impegno

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diffuso nel lavoro a distanza e a un uso intelligente delle tecnologie a sua disposizione.

La fragilità del sistema delle pubbliche amministrazioni e dei servizi di interesse collettivo

è, tuttavia, una realtà che deve essere rapidamente affrontata.

Particolarmente urgente è lo smaltimento dell’arretrato accumulato durante la pandemia.

Agli uffici verrà chiesto di predisporre un piano di smaltimento dell’arretrato e comunicarlo

ai cittadini

La riforma dovrà muoversi su due direttive: investimenti in connettività con anche la

realizzazione di piattaforme efficienti e di facile utilizzo da parte dei cittadini;

aggiornamento continuo delle competenze dei dipendenti pubblici, anche selezionando

nelle assunzioni le migliori competenze e attitudini in modo rapido, efficiente e sicuro,

senza costringere a lunghissime attese decine di migliaia di candidati.

Nel campo della giustizia le azioni da svolgere sono principalmente quelle che si

collocano all’interno del contesto e delle aspettative dell’Unione europea. Nelle Country

Specific Recommendations indirizzate al nostro Paese negli anni 2019 e 2020, la

Commissione, pur dando atto dei progressi compiuti negli ultimi anni, ci esorta: ad

aumentare l’efficienza del sistema giudiziario civile, attuando e favorendo l’applicazione

dei decreti di riforma in materia di insolvenza, garantendo un funzionamento più efficiente

dei tribunali, favorendo lo smaltimento dell’arretrato e una migliore gestione dei carichi di

lavoro, adottando norme procedurali più semplici, coprendo i posti vacanti del personale

amministrativo, riducendo le differenze che sussistono nella gestione dei casi da tribunale

a tribunale e infine favorendo la repressione della corruzione.

Nei nostri rapporti internazionali questo governo sarà convintamente europeista e

atlantista, in linea con gli ancoraggi storici dell’Italia: Unione europea, Alleanza Atlantica,

Nazioni Unite. Ancoraggi che abbiamo scelto fin dal dopoguerra, in un percorso che ha

portato benessere, sicurezza e prestigio internazionale. Profonda è la nostra vocazione

a favore di un multilateralismo efficace, fondato sul ruolo insostituibile delle Nazioni Unite.

Resta forte la nostra attenzione e proiezione verso le aree di naturale interesse prioritario,

come i Balcani, il Mediterraneo allargato, con particolare attenzione alla Libia e al

Mediterraneo orientale, e all’Africa.

Gli anni più recenti hanno visto una spinta crescente alla costruzione in Europa di reti di

rapporti bilaterali e plurilaterali privilegiati. Proprio la pandemia ha rivelato la necessità di

perseguire uno scambio più intenso con i partner con i quali la nostra economia è più

integrata. Per l’Italia ciò comporterà la necessità di meglio strutturare e rafforzare il

rapporto strategico e imprescindibile con Francia e Germania. Ma occorrerà anche

consolidare la collaborazione con Stati con i quali siamo accomunati da una specifica

sensibilità mediterranea e dalla condivisione di problematiche come quella ambientale e

migratoria: Spagna, Grecia, Malta e Cipro. Continueremo anche a operare affinché si

avvii un dialogo più virtuoso tra l’Unione europea e la Turchia, partner e alleato NATO.

L’Italia si adopererà per alimentare meccanismi di dialogo con la Federazione Russa.

Seguiamo con preoccupazione ciò che sta accadendo in questo e in altri paesi dove i

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diritti dei cittadini sono spesso violati. Seguiamo anche con preoccupazione l’aumento

delle tensioni in Asia intorno alla Cina.

Altra sfida sarà il negoziato sul nuovo Patto per le migrazioni e l’asilo, nel quale

perseguiremo un deciso rafforzamento dell’equilibrio tra responsabilità dei Paesi di primo

ingresso e solidarietà effettiva. Cruciale sarà anche la costruzione di una politica europea

dei rimpatri dei non aventi diritto alla protezione internazionale, accanto al pieno rispetto

dei diritti dei rifugiati.

L’avvento della nuova Amministrazione USA prospetta un cambiamento di metodo, più

cooperativo nei confronti dell’Europa e degli alleati tradizionali. Sono fiducioso che i nostri

rapporti e la nostra collaborazione non potranno che intesificarsi.

Dal dicembre scorso e fino alla fine del 2021, l’Italia esercita per la prima volta la

Presidenza del G20. Il programma, che coinvolgerà l’intera compagine governativa, ruota

intorno a tre pilastri: People, Planet, Prosperity. L’Italia avrà la responsabilità di guidare il

Gruppo verso l’uscita dalla pandemia, e di rilanciare una crescita verde e sostenibile a

beneficio di tutti. Si tratterà di ricostruire e di ricostruire meglio.

Insieme al Regno Unito – con cui quest’anno abbiamo le Presidenze parallele del G7 e

del G20 – punteremo sulla sostenibilità e la “transizione verde” nella prospettiva della

prossima Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico (Cop 26), con una particolare

attenzione a coinvolgere attivamente le giovani generazioni, attraverso l’evento

“Youth4Climate”.

* * *

Questo è il terzo governo della legislatura. Non c’è nulla che faccia pensare che possa

far bene senza il sostegno convinto di questo Parlamento. E’ un sostegno che non poggia

su alchimie politiche ma sullo spirito di sacrificio con cui donne e uomini hanno affrontato

l’ultimo anno, sul loro vibrante desiderio di rinascere, di tornare più forti e sull’entusiasmo

dei giovani che vogliono un paese capace di realizzare i loro sogni. Oggi, l’unità non è

un’opzione, l’unità è un dovere. Ma è un dovere guidato da ciò che son certo ci unisce

tutti: l’amore per l’Italia".

Ha vinto lo Stato. Ha vinto l'Italia. Abbiamo vinto tutti noi.

  30 anni di latitanza. 30 anni di misteri, depistaggi, ombre sul latitante più ricercato al mondo. Questa mattina, all’alba, in una clinica...