Un Papa che parla al cuore e all'anima della gente. Un Pontefice che riesce ad aggregare tutti, nessuno escluso. Con parole e gesti semplici è capace di attrarre verso di se tutto l'amore che ognuno di noi sa esprimere. Quel sorriso, quegli occhi pieni di tenerezza. Quel sapere, quella cultura che traspare dalle sue frasi che riempiono di gioia l'anima fanno si che un grande senso di emozione trapeli sul viso di chi lo ama da quando lo ha visto, per la prima volta, presentarsi al mondo dal balcone di San Pietro. Una sola frase: "Fratelli e Sorelle buonasera....''. Una frase semplice che racchiude in se quel senso di appartenenza ad una fede che parla solo di pace e fratellanza tra i popoli. Non a caso voglio postare il discorso integrale di Papa Francesco al congresso degli Stati Uniti, riunito in seduta plenaria. Un discorso semplice e ricco di significato.
"Signor Vicepresidente, Signor
Presidente della Camera dei Rappresentanti, Onorevoli Membri del Congresso,
Cari Amici, Sono molto grato per il vostro invito a rivolgermi a questa
Assemblea Plenaria del Congresso nella “terra dei liberi e casa dei valorosi”.
Mi piace pensare che la ragione di ciò sia il fatto che io pure sono un figlio
di questo grande continente, da cui tutti noi abbiamo ricevuto tanto e verso il
quale condividiamo una comune responsabilità. Ogni figlio o figlia di una
determinata nazione ha una missione, una responsabilità personale e sociale.
La vostra propria responsabilità
come membri del Congresso è di permettere a questo Paese, grazie alla vostra
attività legislativa, di crescere come nazione. Voi siete il volto di questo
popolo, i suoi rappresentanti. Voi siete chiamati a salvaguardare e a garantire
la dignità dei vostri concittadini nell’instancabile ed esigente perseguimento
del bene comune, che è il fine di ogni politica. Una società politica dura nel
tempo quando si sforza, come vocazione, di soddisfare i bisogni comuni
stimolando la crescita di tutti i suoi membri, specialmente quelli in
situazione di maggiore vulnerabilità o rischio. L’attività legislativa è sempre
basata sulla cura delle persone. A questo siete stati invitati, chiamati e
convocati da coloro che vi hanno eletto. Il vostro è un lavoro che mi fa
riflettere sulla figura di Mosè, per due aspetti. Da una parte il patriarca e
legislatore del popolo d’Israele simbolizza il bisogno dei popoli di mantenere
vivo il loro senso di unità con gli strumenti di una giusta legislazione.
Dall’altra, la figura di Mosè ci conduce direttamente a Dio e quindi alla
dignità trascendente dell’essere umano. Mosè ci offre una buona sintesi del
vostro lavoro: a voi viene richiesto di proteggere, con gli strumenti della
legge, l’immagine e la somiglianza modellate da Dio su ogni volto umano. Oggi
vorrei rivolgermi non solo a voi, ma, attraverso di voi, all’intero popolo
degli Stati Uniti.
Qui, insieme con i suoi
rappresentanti, vorrei cogliere questa opportunità per dialogare con le molte
migliaia di uomini e di donne che si sforzano quotidianamente di fare un’onesta
giornata di lavoro, di portare a casa il pane quotidiano, di risparmiare
qualche soldo e – un passo alla volta – di costruire una vita migliore per le
proprie famiglie. Sono uomini e donne che non si preoccupano semplicemente di
pagare le tasse, ma, nel modo discreto che li caratterizza, sostengono la vita
della società. Generano solidarietà con le loro attività e creano
organizzazioni che danno una mano a chi ha più bisogno. Vorrei anche entrare in
dialogo con le numerose persone anziane che sono un deposito di saggezza
forgiata dall’esperienza e che cercano in molti modi, specialmente attraverso
il lavoro volontario, di condividere le loro storie e le loro esperienze. So
che molti di loro sono pensionati, ma ancora attivi, e continuano a darsi da
fare per costruire questo Paese. Desidero anche dialogare con tutti quei
giovani che si impegnano per realizzare le loro grandi e nobili aspirazioni,
che non sono sviati da proposte superficiali e che affrontano situazioni
difficili, spesso come risultato dell’immaturità di tanti adulti.
Vorrei dialogare con tutti voi, e
desidero farlo attraverso la memoria storica del vostro popolo. La mia visita
capita in un momento in cui uomini e donne di buona volontà stanno celebrando
gli anniversari di alcuni grandi Americani. Nonostante la complessità della
storia e la realtà della debolezza umana, questi uomini e donne, con tutte le
loro differenze e i loro limiti, sono stati capaci con duro lavoro e sacrificio
personale – alcuni a costo della propria vita – di costruire un futuro
migliore. Hanno dato forma a valori fondamentali che resteranno per sempre
nello spirito del popolo americano. Un popolo con questo spirito può
attraversare molte crisi, tensioni e conflitti, mentre sempre sarà in grado di
trovare la forza per andare avanti e farlo con dignità. Questi uomini e donne
ci offrono una possibilità di guardare e di interpretare la realtà.
Nell’onorare la loro memoria, siamo stimolati, anche in mezzo a conflitti,
nella concretezza del vivere quotidiano, ad attingere dalle nostre più profonde
riserve culturali. Vorrei menzionare quattro di questi Americani: Abraham
Lincoln, Martin Luther King, Dorothy Day e Thomas Merton.
Quest’anno ricorre il
centocinquantesimo anniversario dell’assassinio del Presidente Abraham Lincoln,
il custode della libertà, che ha instancabilmente lavorato perché “questa
nazione, con la protezione di Dio, potesse avere una nuova nascita di libertà”.
Costruire un futuro di libertà richiede amore per il bene comune e
collaborazione in uno spirito di sussidiarietà e solidarietà. Siamo tutti
pienamente consapevoli, ed anche profondamente preoccupati, per la inquietante
l’odierna situazione sociale e politica del mondo. Il nostro mondo è sempre più
un luogo di violenti conflitti, odi e brutali atrocità, commesse perfino in
nome di Dio e della religione. Sappiamo che nessuna religione è immune da forme
di inganno individuale o estremismo ideologico. Questo significa che dobbiamo
essere particolarmente attenti ad ogni forma di fondamentalismo, tanto
religioso come di ogni altro genere. È necessario un delicato equilibrio per
combattere la violenza perpetrata nel nome di una religione, di un’ideologia o
di un sistema economico, mentre si salvaguarda allo stesso tempo la libertà
religiosa, la libertà intellettuale e le libertà individuali.
Ma c’è un’altra tentazione da cui
dobbiamo guardarci: il semplicistico riduzionismo che vede solo bene o male, o,
se preferite, giusti e peccatori. Il mondo contemporaneo, con le sue ferite
aperte che toccano tanti dei nostri fratelli e sorelle, richiede che
affrontiamo ogni forma di polarizzazione che potrebbe dividerlo tra questi due
campi. Sappiamo che nel tentativo di essere liberati dal nemico esterno,
possiamo essere tentati di alimentare il nemico interno. Imitare l’odio e la
violenza dei tiranni e degli assassini è il modo migliore di prendere il loro
posto. Questo è qualcosa che voi, come popolo, rifiutate. La nostra, invece,
dev’essere una risposta di speranza e di guarigione, di pace e di giustizia. Ci
è chiesto di fare appello al coraggio e all’intelligenza per risolvere le molte
crisi economiche e geopolitiche di oggi. Perfino in un mondo sviluppato, gli
effetti di strutture e azioni ingiuste sono fin troppo evidenti. I nostri
sforzi devono puntare a restaurare la pace, rimediare agli errori, mantenere
gli impegni, e così promuovere il benessere degli individui e dei popoli.
Dobbiamo andare avanti insieme, come uno solo, in uno spirito rinnovato di
fraternità e di solidarietà, collaborando generosamente per il bene comune. Le
sfide che oggi affrontiamo, richiedono un rinnovamento di questo spirito di
collaborazione, che ha procurato tanto bene nella storia degli Stati Uniti. La
complessità, la gravità e l’urgenza di queste sfide esigono che noi impieghiamo
le nostre risorse e i nostri talenti, e che ci decidiamo a sostenerci
vicendevolmente, con rispetto per le nostre differenze e per le nostre
convinzioni di coscienza.
In questa terra, le varie
denominazioni religiose hanno contribuito grandemente a costruire e a
rafforzare la società. È importante che oggi, come nel passato, la voce della
fede continui ad essere ascoltata, perché è una voce di fraternità e di amore,
che cerca di far emergere il meglio in ogni persona e in ogni società. Tale
cooperazione è una potente risorsa nella battaglia per eliminare le nuove forme
globali di schiavitù, nate da gravi ingiustizie le quali possono essere
superate solo grazie a nuove politiche e a nuove forme di consenso sociale.
Penso qui alla storia politica degli Stati Uniti, dove la democrazia è
profondamente radicata nello spirito del popolo americano. Qualsiasi attività politica
deve servire e promuovere il bene della persona umana ed essere basata sul
rispetto per la dignità di ciascuno. “Consideriamo queste verità come per sé
evidenti, cioè che tutti gli uomini sono creati uguali, che sono dotati dal
loro Creatore di alcuni diritti inalienabili, che tra questi ci sono la vita,
la libertà e il perseguimento della felicità” (Dichiarazione di Indipendenza, 4
luglio 1776). Se la politica dev’essere veramente al servizio della persona
umana, ne consegue che non può essere sottomessa al servizio dell’economia e
della finanza. Politica è, invece, espressione del nostro insopprimibile
bisogno di vivere insieme in unità, per poter costruire uniti il più grande
bene comune: quello di una comunità che sacrifichi gli interessi particolari
per poter condividere, nella giustizia e nella pace, i suoi benefici, i suoi
interessi, la sua vita sociale. Non sottovaluto le difficoltà che questo
comporta, ma vi incoraggio in questo sforzo.
Penso anche alla marcia che
Martin Luther King ha guidato da Selma a Montgomery cinquant’anni fa come parte
della campagna per conseguire il suo “sogno” di pieni diritti civili e politici
per gli Afro-Americani. Quel sogno continua ad ispirarci. Mi rallegro che
l’America continui ad essere, per molti, una terra di “sogni”. Sogni che
conducono all’azione, alla partecipazione, all’impegno. Sogni che risvegliano
ciò che di più profondo e di più vero si trova nella vita delle persone. Negli
ultimi secoli, milioni di persone sono giunte in questa terra per rincorrere il
proprio sogno di costruire un futuro in libertà. Noi, gente di questo
continente, non abbiamo paura degli stranieri, perché molti di noi una volta
eravamo stranieri. Vi dico questo come figlio di immigrati, sapendo che anche
tanti di voi sono discendenti di immigrati. Tragicamente, i diritti di quelli
che erano qui molto prima di noi non sono stati sempre rispettati. Per quei
popoli e le loro nazioni, dal cuore della democrazia americana, desidero
riaffermare la mia più profonda stima e considerazione. Quei primi contatti
sono stati spesso turbolenti e violenti, ma è difficile giudicare il passato
con i criteri del presente. Tuttavia, quando lo straniero in mezzo a noi ci
interpella, non dobbiamo ripetere i peccati e gli errori del passato. Dobbiamo
decidere ora di vivere il più nobilmente e giustamente possibile, così come
educhiamo le nuove generazioni a non voltare le spalle al loro “prossimo” e a
tutto quanto ci circonda. Costruire una nazione ci chiede di riconoscere che
dobbiamo costantemente relazionarci agli altri, rifiutando una mentalità di
ostilità per poterne adottare una di reciproca sussidiarietà, in uno sforzo
costante di fare del nostro meglio. Ho fiducia che possiamo farlo.
Il nostro mondo sta fronteggiando
una crisi di rifugiati di proporzioni tali che non si vedevano dai tempi della
Seconda Guerra Mondiale. Questa realtà ci pone davanti grandi sfide e molte
dure decisioni. Anche in questo continente, migliaia di persone sono spinte a
viaggiare verso il Nord in cerca di migliori opportunità. Non è ciò che
volevamo per i nostri figli? Non dobbiamo lasciarci spaventare dal loro numero,
ma piuttosto vederle come persone, guardando i loro volti e ascoltando le loro
storie, tentando di rispondere meglio che possiamo alle loro situazioni.
Rispondere in un modo che sia sempre umano, giusto e fraterno. Dobbiamo evitare
una tentazione oggi comune: scartare chiunque si dimostri problematico.
Ricordiamo la Regola d’Oro: «Fai agli altri ciò che vorresti che gli altri
facessero a te» (Mt 7,12). Questa norma ci indica una chiara direzione.
Trattiamo gli altri con la medesima passione e compassione con cui vorremmo
essere trattati. Cerchiamo per gli altri le stesse possibilità che cerchiamo
per noi stessi. Aiutiamo gli altri a crescere, come vorremmo essere aiutati noi
stessi. In una parola, se vogliamo sicurezza, diamo sicurezza; se vogliamo
vita, diamo vita; se vogliamo opportunità, provvediamo opportunità. La misura
che usiamo per gli altri sarà la misura che il tempo userà per noi.
La Regola d’Oro ci mette anche di
fronte alla nostra responsabilità di proteggere e difendere la vita umana in
ogni fase del suo sviluppo. Questa convinzione mi ha portato, fin dall’inizio
del mio ministero, a sostenere a vari livelli l’abolizione globale della pena
di morte. Sono convinto che questa sia la via migliore, dal momento che ogni
vita è sacra, ogni persona umana è dotata di una inalienabile dignità, e la
società può solo beneficiare dalla riabilitazione di coloro che sono condannati
per crimini. Recentemente i miei fratelli Vescovi qui negli Stati Uniti hanno
rinnovato il loro appello per l’abolizione della pena di morte. Io non solo li
appoggio, ma offro anche sostegno a tutti coloro che sono convinti che una
giusta e necessaria punizione non deve mai escludere la dimensione della
speranza e l’obiettivo della riabilitazione. In questi tempi in cui le
preoccupazioni sociali sono così importanti, non posso mancare di menzionare la
serva di Dio Dorothy Day, che ha fondato il Catholic Worker Movement. Il suo
impegno sociale, la sua passione per la giustizia e per la causa degli
oppressi, erano ispirati dal Vangelo, dalla sua fede e dall’esempio dei santi.
Quanto cammino è stato fatto in
questo campo in tante parti del mondo! Quanto è stato fatto in questi primi
anni del terzo millennio per far uscire la gente dalla povertà estrema! So che
voi condividete la mia convinzione che va fatto ancora molto di più, e che in
tempi di crisi e di difficoltà economica non si deve perdere lo spirito di
solidarietà globale. Allo stesso tempo desidero incoraggiarvi a non dimenticare
tutte quelle persone intorno a noi, intrappolate nel cerchio della povertà.
Anche a loro c’è bisogno di dare speranza. La lotta contro la povertà e la fame
dev’essere combattuta costantemente su molti fronti, specialmente nelle sue
cause. So che molti americani oggi, come in passato, stanno lavorando per
affrontare questo problema. Va da sé che parte di questo grande sforzo sta
nella creazione e distribuzione della ricchezza. Il corretto uso delle risorse
naturali, l’appropriata applicazione della tecnologia e la capacità di ben
orientare lo spirito imprenditoriale, sono elementi essenziali di un’economia
che cerca di essere moderna, inclusiva e sostenibile.
«L’attività imprenditoriale, che
è una nobile vocazione, orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo
per tutti, può essere un modo molto fecondo per promuovere la regione in cui
colloca le sue attività, soprattutto se comprende che la creazione di posti di
lavoro è parte imprescindibile del suo servizio al bene comune» (Enc. Laudato
si’, 129). Questo bene comune include anche la terra, tema centrale
dell’Enciclica che ho recentemente scritto, per «entrare in dialogo con tutti
riguardo alla nostra casa comune» (ibid., 3). «Abbiamo bisogno di un confronto
che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici
umane, ci riguardano e ci toccano tutti» (ibid., 14). Nell’Enciclica Laudato
si’ esorto ad uno sforzo coraggioso e responsabile per «cambiare rotta» (ibid.,
61) ed evitare gli effetti più seri del degrado ambientale causato
dall’attività umana. Sono convinto che possiamo fare la differenza e non ho
dubbi che gli Stati Uniti - e questo Congresso – hanno un ruolo importante da
giocare. Ora è il momento di azioni coraggiose e strategie dirette a
implementare una «cultura della cura» (ibid., 231) e «un approccio integrale
per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello
stesso tempo per prendersi cura della natura» (ibid., 139). Abbiamo la libertà
necessaria per limitare e orientare la tecnologia (cfr ibid., 112), per
individuare modi intelligenti di «orientare, coltivare e limitare il nostro
potere» (ibid., 78) e mettere la tecnologia «al servizio di un altro tipo di
progresso, più sano, più umano, più sociale e più integrale» (ibid., 112). Al
riguardo, ho fiducia che le istituzioni americane di ricerca e accademiche
potranno dare un contributo vitale negli anni a venire.
Un secolo fa, all’inizio della
Grande Guerra, che il Papa Benedetto XV definì “inutile strage”, nasceva un
altro straordinario Americano: il monaco cistercense Thomas Merton. Egli resta
una fonte di ispirazione spirituale e una guida per molte persone. Nella sua
autobiografia scrisse: “Sono venuto nel mondo. Libero per natura, immagine di
Dio, ero tuttavia prigioniero della mia stessa violenza e del mio egoismo, a
immagine del mondo in cui ero nato. Quel mondo era il ritratto dell’Inferno,
pieno di uomini come me, che amano Dio, eppure lo odiano; nati per amarlo, ma
che vivono nella paura di disperati e contradittori desideri”. Merton era
anzitutto uomo di preghiera, un pensatore che ha sfidato le certezze di questo
tempo e ha aperto nuovi orizzonti per le anime e per la Chiesa. Egli fu anche
uomo di dialogo, un promotore di pace tra popoli e religioni. In questa
prospettiva di dialogo, vorrei riconoscere gli sforzi fatti nei mesi recenti
per cercare di superare le storiche differenze legate a dolorosi episodi del
passato. È mio dovere costruire ponti e aiutare ogni uomo e donna, in ogni
possibile modo, a fare lo stesso. Quando nazioni che erano state in disaccordo
riprendono la via del dialogo – un dialogo che potrebbe essere stato interrotto
per le ragioni più valide – nuove opportunità si aprono per tutti. Questo ha
richiesto, e richiede, coraggio e audacia, che non vuol dire irresponsabilità.
Un buon leader politico è uno che, tenendo presenti gli interessi di tutti,
coglie il momento con spirito di apertura e senso pratico. Un buon leader
politico opta sempre per «iniziare processi più che possedere spazi» (Esort.
ap. Evangelii gaudium, 222-223).
Essere al servizio del dialogo e
della pace significa anche essere veramente determinati a ridurre e, nel lungo
termine, a porre fine ai molti conflitti armati in tutto il mondo. Qui dobbiamo
chiederci: perché armi mortali sono vendute a coloro che pianificano di
infliggere indicibili sofferenze a individui e società? Purtroppo, la risposta,
come tutti sappiamo, è semplicemente per denaro: denaro che è intriso di
sangue, spesso del sangue innocente. Davanti a questo vergognoso e colpevole
silenzio, è nostro dovere affrontare il problema e fermare il commercio di
armi. Tre figli e una figlia di questa terra, quattro individui e quattro
sogni: Lincoln, libertà; Martin Luther King, libertà nella pluralità e non-esclusione;
Dorothy Day, giustizia sociale e diritti delle persone; e Thomas Merton,
capacità di dialogo e di apertura a Dio. Quattro rappresentanti del Popolo
americano. Terminerò la mia visita nella vostra terra a Filadelfia, dove
prenderò parte all’Incontro Mondiale delle Famiglie. È mio desiderio che
durante tutta la mia visita la famiglia sia un tema ricorrente. Quanto
essenziale è stata la famiglia nella costruzione di questo Paese! E quanto
merita ancora il nostro sostegno e il nostro incoraggiamento! Eppure non posso
nascondere la mia preoccupazione per la famiglia, che è minacciata, forse come
mai in precedenza, dall’interno e dall’esterno. Relazioni fondamentali sono
state messe in discussione, come anche la base stessa del matrimonio e della famiglia.
Io posso solo riproporre l’importanza e, soprattutto, la ricchezza e la
bellezza della vita familiare.
In particolare, vorrei richiamare
l’attenzione su quei membri della famiglia che sono i più vulnerabili, i
giovani. Per molti di loro si profila un futuro pieno di tante possibilità, ma
molti altri sembrano disorientati e senza meta, intrappolati in un labirinto
senza speranza, segnato da violenze, abusi e disperazione. I loro problemi sono
i nostri problemi. Non possiamo evitarli. È necessario affrontarli insieme,
parlarne e cercare soluzioni efficaci piuttosto che restare impantanati nelle
discussioni. A rischio di banalizzare, potremmo dire che viviamo in una cultura
che spinge i giovani a non formare una famiglia, perché mancano loro possibilità
per il futuro. Ma questa stessa cultura presenta ad altri così tante opzioni
che anch’essi sono dissuasi dal formare una famiglia. Una nazione può essere
considerata grande quando difende la libertà, come ha fatto Lincoln; quando
promuove una cultura che consenta alla gente di “sognare” pieni diritti per
tutti i propri fratelli e sorelle, come Martin Luther King ha cercato di fare;
quando lotta per la giustizia e la causa degli oppressi, come Dorothy Day ha
fatto con il suo instancabile lavoro, frutto di una fede che diventa dialogo e
semina pace nello stile contemplativo di Thomas Merton. In queste note ho
cercato di presentare alcune delle ricchezze del vostro patrimonio culturale,
dello spirito del popolo americano. Il mio auspicio è che questo spirito continui
a svilupparsi e a crescere, in modo che il maggior numero possibile di giovani
possa ereditare e dimorare in una terra che ha ispirato così tante persone a
sognare. Dio benedica l’America!".