Mario Draghi è stato
convocato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al Quirinale per formare un nuovo governo.
Famoso il suo manifesto
durante gli anni alla presidenza della Banca centrale europea "Whatever it
takes", dice in un'uscita pubblica nel luglio 2012. "Ad ogni
costo", per preservare l'euro. E così è stato.
La sua carriera all’interno
delle istituzioni finanziarie italiane ed europee inizia nel 1991 quando Guido
Carli, ministro del Tesoro nel governo Andreotti, lo nomina direttore generale
del Tesoro, su consiglio dell’allora governatore della Banca d’Italia, Carlo Azeglio
Ciampi.
Con quella carica, Draghi
segue tutta la stagione delle privatizzazioni e la stesura delle nuove regole
della finanza, al punto che il testo unico in materia, del 1998, viene
informalmente battezzato con il suo nome.
Nel 2002 passa in Goldman
Sachs, fino alla nomina a governatore della Banca d'Italia, proposta dal governo
Berlusconi.
Mario Draghi succede ad Antonio Fazio, dimessosi in seguito agli scandali che scossero l'Istituto, riuscendo a ridare autorevolezza alla Banca e rinnovando profondamente principi, regole e procedure.
A giugno 2011 viene scelto
come governatore della Bce al posto di Jean Claude Trichet e contribuisce a
provocare la crisi del governo Berlusconi firmando, insieme al suo predecessore,
una lettera in cui, tra l'altro, invita l'esecutivo italiano "a rafforzare
la reputazione della sua forma sovrana e il suo impegno alla sostenibilità di
bilancio e alle riforme strutturali".
Tra il 2011 e il 2012 adotta una serie di misure e provvedimenti per tenere in piedi l’euro.
Il Piano di
Rifinanziamento a lungo termine (Ltro) per il settore bancario, il taglio dei
tassi d'interesse, lo sblocco del Meccanismo europeo di stabilità (Esm), detto
anche Fondo salva-Stati, il Quantitative easing, con cui l'Eurotower riacquista
i titoli di Stato in pancia alle banche immettendo liquidità da destinare al
finanziamento di famiglie e imprese.
Un programma che, nonostante
le resistenze tedesche, ha immesso nel sistema, fino alla fine del 2018, circa
2.600 miliardi di euro, pari a quasi il 20% del Pil dell'Unione europea.
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