Ho aperto gli occhi, questa
mattina, con la mente focalizzata al 23 maggio di 25 anni fa, in cui perse la
vita il giudice, Giovanni Falcone. Da allora, ogni anno, ogni minuto, ogni secondo, ogni
attimo della mia esistenza lo passo ricordando l’insegnamento di quell’uomo, di
quei due eroi che ci hanno lasciato.
Davanti ad una tazza
bollente di caffè, accendo la tv, già sintonizzata sulle breking news del
mattino e il mio cuore inizia a battere all’impazzata. Un senso di paura assale
la mia anima. Davanti a me lo schermo con un titolone e, come sfondo, il
lampeggiare delle sirene e un fuggi fuggi generale. Chiudo gli occhi per un
istante. Li riapro e capisco di essermi ritrovata nuovamente immersa in una
notizia che, proprio oggi, non avrei voluto leggere: “Attentato terroristico a
Manchester. Bilancio provvisorio: 19 morti e 59 feriti”. (Bilancio che, con il
passare delle ore è stato aggiornato. Qualche minuto fa il bilancio si è aggravato: 22 morti e 59 feriti. Un bilancio destinato ad essere aggiornato).
Una strage di ragazzini. Saffie
aveva solo 8 anni. Gina 18. Un attacco alla beltà di fanciulli che erano andati
a vedere il concerto della loro cantante preferita. Una serata di festa,
tramutata in una carneficina. No. Non lo accetto.
Mi alzo dal divano, cerco di
capire. Gironzolo per casa e non riesco a trovare risposte. Intanto le immagini
continuano a scorrere nell’etere.
Fotogrammi strazianti, come
un film già visto. Dalla strage di Tel Aviv del 2001, a Charlie Ebdo, Bataclan,
Istanbul solo per citarne alcuni. Gli scatti passano come un rullo nella mia
testa.
Continuo, attonita, a
guardare la televisione. Scorgo urla, rabbia, tormento, disorientamento,
angoscia. Tutte parole che non si vorrebbero mai pronunciare, che non si
vorrebbero mai provare.
Eppure siamo qui, in un
triste martedì di maggio, un 23 maggio che vorremmo tutti dimenticare, un
giorno che non vorremmo mai aver voluto vivere 25 anni fa, che ci fa ripiombare
nella tristezza più totale.
Come si può pensare di
uccidere degli adolescenti, dei bimbi inermi in questo modo? Perché siamo
arrivati a tutto ciò?
Interrogativi legittimi.
Domande, magari fuori luogo, che meritano una risposta.
Si è vero. Non possiamo non
continuare a vivere spensieratamente. Dobbiamo reagire, dobbiamo continuare a
vivere la nostra quotidianità come sempre.
Una frase mi viene in mente:
“Chi ha paura muore ogni giorno. Chi non ha paura muore una sola volta”.
Mai come oggi, non potevano
essere più attuali queste parole del giudice, Paolo Borsellino che,
esattamente, 57 giorni dopo quel tragico 23 maggio del 1992, era il 19 luglio,
raggiunse il suo amico di sempre in un luogo dove la pace e la serenità regnano
sovrani, lasciandoci orfani di due uomini e altrettanti eroi (la loro scorta)
le cui idee e insegnamenti camminano sulle mie, sulle nostre gambe ogni giorno.
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