martedì 3 febbraio 2015

Una bella pagina di storia...

Ripropongo, nella sua versione integrale, il discorso di insediamento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Parole forti, di grande impatto emotivo e senso dello Stato che deve unire e non dividere.
Grazie Presidente!

Signora Presidente della Camera dei Deputati, Signora Vice Presidente del Senato, Signori Parlamentari e Delegati regionali,
Rivolgo un saluto rispettoso a questa assemblea, ai parlamentari che interpretano la sovranità del nostro popolo e le danno voce e alle Regioni qui rappresentate. Ringrazio la Presidente Laura Boldrini e la Vice Presidente Valeria Fedeli. Ringrazio tutti coloro che hanno preso parte al voto.
Un pensiero deferente ai miei predecessori, Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano, che hanno svolto la loro funzione con impegno e dedizione esemplari.
A loro va l’affettuosa riconoscenza degli italiani. Al Presidente Napolitano che, in un momento difficile, ha accettato l’onere di un secondo mandato, un ringraziamento particolarmente intenso.
Rendo omaggio alla Corte Costituzionale organo di alta garanzia a tutela della nostra Carta fondamentale, al Consiglio Superiore della magistratura presidio dell’indipendenza e a tutte le magistrature.
Avverto pienamente la responsabilità del compito che mi è stato affidato. La responsabilità di rappresentare l’unità nazionale innanzitutto.
L’unità che lega indissolubilmente i nostri territori, dal Nord al Mezzogiorno.
Ma anche l’unità costituita dall’insieme delle attese e delle aspirazioni dei nostri concittadini.
Questa unità, rischia di essere difficile, fragile, lontana. L’impegno di tutti deve essere rivolto a superare le difficoltà degli italiani e a realizzare le loro speranze.
La lunga crisi, prolungatasi oltre ogni limite, ha inferto ferite al tessuto sociale del nostro Paese e ha messo a dura prova la tenuta del suo sistema produttivo. Ha aumentato le ingiustizie.
Ha generato nuove povertà. Ha prodotto emarginazione e solitudine.
Le angosce si annidano in tante famiglie per le difficoltà che sottraggono il futuro alle ragazze e ai ragazzi.
Il lavoro che manca per tanti giovani, specialmente nel Mezzogiorno, la perdita di occupazione, l’esclusione, le difficoltà che si incontrano nel garantire diritti e servizi sociali fondamentali.
Sono questi i punti dell’agenda esigente su cui sarà misurata la vicinanza delle istituzioni al popolo.
Dobbiamo saper scongiurare il rischio che la crisi economica intacchi il rispetto di principi e valori su cui si fonda il patto sociale sancito dalla Costituzione.
Per uscire dalla crisi, che ha fiaccato in modo grave l’economia nazionale e quella europea, va alimentata l’inversione del ciclo economico, da lungo tempo attesa.
E’ indispensabile che al consolidamento finanziario si accompagni una robusta iniziativa di crescita, da articolare innanzitutto a livello europeo.
Nel corso del semestre di Presidenza dell’Unione Europea appena conclusosi, il Governo - cui rivolgo un saluto e un augurio di buon lavoro - ha opportunamente perseguito questa strategia.
Sussiste oggi l’esigenza di confermare il patto costituzionale che mantiene unito il Paese e che riconosce a tutti i cittadini i diritti fondamentali e pari dignità sociale e impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’eguaglianza.
L’urgenza di riforme istituzionali, economiche e sociali deriva dal dovere di dare risposte efficaci alla nostra comunità, risposte adeguate alle sfide che abbiamo di fronte.
Esistono nel nostro Paese energie che attendono soltanto di trovare modo di esprimersi compiutamente.
Penso ai giovani che coltivano i propri talenti e che vorrebbero vedere riconosciuto il merito. Penso alle imprese, piccole medie e grandi che, tra rilevanti difficoltà, trovano il coraggio di continuare a innovare e a competere sui mercati internazionali. Penso alla Pubblica Amministrazione che possiede competenze di valore ma che deve declinare i principi costituzionali, adeguandosi alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie e alle sensibilità dei cittadini, che chiedono partecipazione, trasparenza, semplicità degli adempimenti, coerenza nelle decisioni. Non servono generiche esortazioni a guardare al futuro ma piuttosto la tenace mobilitazione di tutte le risorse della società italiana.
Parlare di unità nazionale significa, allora, ridare al Paese un orizzonte di speranza. Perché questa speranza non rimanga un’evocazione astratta, occorre ricostruire quei legami che tengono insieme la società. A questa azione sono chiamate tutte le forze vive delle nostre comunità in Patria come all’estero. Ai connazionali nel mondo va il mio saluto affettuoso. Un pensiero di amicizia rivolgo alle numerose comunità straniere presenti nel nostro Paese. La strada maestra di un Paese unito è quella che indica la nostra Costituzione, quando sottolinea il ruolo delle formazioni sociali, corollario di una piena partecipazione alla vita pubblica. La crisi di rappresentanza ha reso deboli o inefficaci gli strumenti tradizionali della partecipazione, mentre dalla società emergono, con forza, nuove modalità di espressione che hanno già prodotto risultati avvertibili nella politica e nei suoi soggetti.
Questo stesso Parlamento presenta elementi di novità e di cambiamento. La più alta percentuale di donne e tanti giovani parlamentari. Un risultato prezioso che troppe volte la politica stessa finisce per oscurare dietro polemiche e conflitti. I giovani parlamentari portano in queste aule le speranze e le attese dei propri coetanei. Rappresentano anche, con la capacità di critica, e persino di indignazione, la voglia di cambiare. A loro, in particolare, chiedo di dare un contributo positivo al nostro essere davvero comunità nazionale, non dimenticando mai l’essenza del mandato parlamentare.
L’idea, cioè, che in queste aule non si è espressione di un segmento della società o di interessi particolari, ma si è rappresentanti dell’intero popolo italiano e, tutti insieme, al servizio del Paese. Tutti sono chiamati ad assumere per intero questa responsabilità. Condizione primaria per riaccostare gli italiani alle istituzioni è intendere la politica come servizio al bene comune, patrimonio di ognuno e di tutti.
E’ necessario ricollegare a esse quei tanti nostri concittadini che le avvertono lontane ed estranee. La democrazia non è una conquista definitiva ma va inverata continuamente, individuando le formule più adeguate al mutamento dei tempi. E’ significativo che il mio giuramento sia avvenuto mentre sta per completarsi il percorso di un’ampia e incisiva riforma della seconda parte della Costituzione. Senza entrare nel merito delle singole soluzioni, che competono al Parlamento, nella sua sovranità, desidero esprimere l’auspicio che questo percorso sia portato a compimento con l’obiettivo di rendere più adeguata la nostra democrazia. Riformare la Costituzione per rafforzare il processo democratico.
Vi è anche la necessità di superare la logica della deroga costante alle forme ordinarie del processo legislativo, bilanciando l’esigenza di governo con il rispetto delle garanzie procedurali di una corretta dialettica parlamentare. Come è stato più volte sollecitato dal Presidente Napolitano, un’altra priorità è costituita dall’approvazione di una nuova legge elettorale, tema sul quale è impegnato il Parlamento. Nel linguaggio corrente si è soliti tradurre il compito del capo dello Stato nel ruolo di un arbitro, del garante della Costituzione.
E’ una immagine efficace. All’arbitro compete la puntuale applicazione delle regole. L’arbitro deve essere - e sarà - imparziale. I giocatori lo aiutino con la loro correttezza. Il Presidente della Repubblica è garante della Costituzione.
La garanzia più forte della nostra Costituzione consiste, peraltro, nella sua applicazione. Nel viverla giorno per giorno. Garantire la Costituzione significa garantire il diritto allo studio dei nostri ragazzi in una scuola moderna in ambienti sicuri, garantire il loro diritto al futuro.
Significa riconoscere e rendere effettivo il diritto al lavoro.
Significa promuovere la cultura diffusa e la ricerca di eccellenza, anche utilizzando le nuove tecnologie e superando il divario digitale. Significa amare i nostri tesori ambientali e artistici.
Significa ripudiare la guerra e promuovere la pace. Significa garantire i diritti dei malati. Significa che ciascuno concorra, con lealtà, alle spese della comunità nazionale. Significa che si possa ottenere giustizia in tempi rapidi.
Significa fare in modo che le donne non debbano avere paura di violenze e discriminazioni. Significa rimuovere ogni barriera che limiti i diritti delle persone con disabilità. Significa sostenere la famiglia, risorsa della società.
Significa garantire l’autonomia ed il pluralismo dell’informazione, presidio di democrazia.
Significa ricordare la Resistenza e il sacrificio di tanti che settanta anni fa liberarono l’Italia dal nazifascismo.
Significa libertà. Libertà come pieno sviluppo dei diritti civili, nella sfera sociale come in quella economica, nella sfera personale e affettiva.
Garantire la Costituzione significa affermare e diffondere un senso forte della legalità.
La lotta alla mafia e quella alla corruzione sono priorità assolute. La corruzione ha raggiunto un livello inaccettabile.
Divora risorse che potrebbero essere destinate ai cittadini. Impedisce la corretta esplicazione delle regole del mercato. Favorisce le consorterie e penalizza gli onesti e i capaci.
L’attuale Pontefice, Francesco, che ringrazio per il messaggio di auguri che ha voluto inviarmi, ha usato parole severe contro i corrotti: «Uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini».
E’ allarmante la diffusione delle mafie, antiche e nuove, anche in aree geografiche storicamente immuni. Un cancro pervasivo, che distrugge speranze, impone gioghi e sopraffazioni, calpesta diritti.
Dobbiamo incoraggiare l’azione determinata della magistratura e delle forze dell’ordine che, spesso a rischio della vita, si battono per contrastare la criminalità organizzata. Nella lotta alle mafie abbiamo avuto molti eroi. Penso tra gli altri a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Per sconfiggere la mafia occorre una moltitudine di persone oneste, competenti, tenaci. E una dirigenza politica e amministrativa capace di compiere il proprio dovere.
Altri rischi minacciano la nostra convivenza. Il terrorismo internazionale ha lanciato la sua sfida sanguinosa, seminando lutti e tragedie in ogni parte del mondo e facendo vittime innocenti. Siamo inorriditi dalle barbare decapitazioni di ostaggi, dalle guerre e dagli eccidi in Medio Oriente e in Africa, fino ai tragici fatti di Parigi. Il nostro Paese ha pagato, più volte, in un passato non troppo lontano, il prezzo dell’odio e dell’intolleranza.
Voglio ricordare un solo nome: Stefano Taché, rimasto ucciso nel vile attacco terroristico alla Sinagoga di Roma nell’ottobre del 1982. Aveva solo due anni. Era un nostro bambino, un bambino italiano. La pratica della violenza in nome della religione sembrava un capitolo da tempo chiuso dalla storia.
Va condannato e combattuto chi strumentalizza a fini di dominio il proprio credo, violando il diritto fondamentale alla libertà religiosa.
Considerare la sfida terribile del terrorismo fondamentalista nell’ottica dello scontro tra religioni o tra civiltà sarebbe un grave errore. La minaccia è molto più profonda e più vasta. L’attacco è ai fondamenti di libertà, di democrazia, di tolleranza e di convivenza.
Per minacce globali servono risposte globali. Un fenomeno così grave non si può combattere rinchiudendosi nel fortino degli Stati nazionali. I predicatori d’odio e coloro che reclutano assassini utilizzano internet e i mezzi di comunicazione più sofisticati, che sfuggono, per la loro stessa natura, a una dimensione territoriale. La comunità internazionale deve mettere in campo tutte le sue risorse.
Nel salutare il Corpo Diplomatico accreditato presso la Repubblica, esprimo un auspicio di intensa collaborazione anche in questa direzione. La lotta al terrorismo va condotta con fermezza, intelligenza, capacità di discernimento.
Una lotta impegnativa che non può prescindere dalla sicurezza: lo Stato deve assicurare il diritto dei cittadini a una vita serena e libera dalla paura. Il sentimento della speranza ha caratterizzato l’Europa nel dopoguerra e alla caduta del muro di Berlino. Speranza di libertà e di ripresa dopo la guerra, speranza di affermazione di valori di democrazia dopo il 1989.
Nella nuova Europa l’Italia ha trovato l’affermazione della sua sovranità; un approdo sicuro ma soprattutto un luogo da cui ripartire per vincere le sfide globali. L’Unione Europea rappresenta oggi, ancora una volta, una frontiera di speranza e la prospettiva di una vera Unione politica va rilanciata, senza indugio. L’affermazione dei diritti di cittadinanza rappresenta il consolidamento del grande spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia. Le guerre, gli attentati, le persecuzioni politiche, etniche e religiose, la miseria e le carestie generano ingenti masse di profughi. Milioni di individui e famiglie in fuga dalle proprie case che cercano salvezza e futuro proprio nell’Europa del diritto e della democrazia.
E’ questa un’emergenza umanitaria, grave e dolorosa, che deve vedere l’Unione Europea più attenta, impegnata e solidale. L’Italia ha fatto e sta facendo bene la sua parte e siamo grati a tutti i nostri operatori, ai vari livelli, per l’impegno generoso con cui fronteggiano questo drammatico esodo. A livello internazionale la meritoria e indispensabile azione di mantenimento della pace, che vede impegnati i nostri militari in tante missioni, ¬ deve essere consolidata con un’azione di ricostruzione politica, economica, sociale e culturale, senza la quale ogni sforzo è destinato a vanificarsi.
Alle Forze Armate, sempre più strumento di pace ed elemento essenziale della nostra politica estera e di sicurezza, rivolgo un sincero ringraziamento, ricordando quanti hanno perduto la loro vita nell’assolvimento del proprio dovere.
Occorre continuare a dispiegare il massimo impegno affinché la delicata vicenda dei due nostri fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, trovi al più presto una conclusione positiva, con il loro definitivo ritorno in Patria.
Desidero rivolgere un pensiero ai civili impegnati, in zone spesso rischiose, nella preziosa opera di cooperazione e di aiuto allo sviluppo. Di tre italiani, padre Paolo Dall’Oglio, Giovanni Lo Porto e Ignazio Scaravilli non si hanno notizie in terre difficili e martoriate. A loro e ai loro familiari va la solidarietà e la vicinanza di tutto il popolo italiano, insieme all’augurio di fare presto ritorno nelle loro case.
Onorevoli Parlamentari, Signori Delegati, Per la nostra gente, il volto della Repubblica è quello che si presenta nella vita di tutti i giorni: l’ ospedale, il municipio, la scuola, il tribunale, il museo.
Mi auguro che negli uffici pubblici e nelle istituzioni possano riflettersi, con fiducia, i volti degli italiani: il volto spensierato dei bambini, quello curioso dei ragazzi. i volti preoccupati degli anziani soli e in difficoltà il volto di chi soffre, dei malati, e delle loro famiglie, che portano sulle spalle carichi pesanti.
Il volto dei giovani che cercano lavoro e quello di chi il lavoro lo ha perduto. Il volto di chi ha dovuto chiudere l’impresa a causa della congiuntura economica e quello di chi continua a investire nonostante la crisi.
Il volto di chi dona con generosità il proprio tempo agli altri. Il volto di chi non si arrende alla sopraffazione, di chi lotta contro le ingiustizie e quello di chi cerca una via di riscatto. Storie di donne e di uomini, di piccoli e di anziani, con differenti convinzioni politiche, culturali e religiose.
Questi volti e queste storie raccontano di un popolo che vogliamo sempre più libero, sicuro e solidale. Un popolo che si senta davvero comunità e che cammini con una nuova speranza verso un futuro di serenità e di pace. Viva la Repubblica, viva l’Italia!

mercoledì 14 gennaio 2015

Grazie Presidente...

Ho appena assistito al commiato dell'ormai ex Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. L'Inno di Mameli che risuonava nel cortile del Quirinale non mi ha mai emozionato come oggi. Immagini che rimarranno indelebili nella memoria di tutti noi.
Grazie presidente Napolitano.
Grazie per l'insegnamento che ci hai voluto offrire.
Grazie per il tuo essere così al servizio della Repubblica e di una Nazione che può e deve rialzarsi.

Maria Cristina Saullo

lunedì 12 gennaio 2015

IL POSTO FISSO DI POLIZIA A CETRARO CHIUDE? APRIAMOLO A SCALEA!!!


 Ciò che sta accadendo nel nostro Paese ha dell’incomprensibile. In virtù di un cambiamento mai realmente avvenuto e riforme mai veramente varate nella loro interezza, la popolazione calabrese e la provincia di Cosenza è senz’altro tra le più colpite, ogni singolo è realmente a rischio in un default sociale, senza precedenti.
Una generale anarchia amministrativa e politica schizzo frenica dal sapore anti democratico, chiude e delocalizza ospedali, presidi sanitari, tribunali, agenzie territoriali, uffici e servizi utili alla cittadinanza, se non altro perché avrebbero evitato spostamenti lunghi ed onerosi che chi vive in provincia è costretto a subire. In questa logica sciagurata ed impopolare, sono incappati anche i posti di Polizia, quello di Cetraro è tra questi. Infatti, un provvedimento del Capo della Polizia, Alessandro Pansa ne ha annunciato la chiusura. Morale della favola, Cetraro non avrà più un presidio della Polizia di Stato, in barba alla sicurezza e tranquillità dei cittadini.
Si sa, l’interesse del Governo è quello di far quadrare i conti, se poi i cittadini soffrono e ne subiscono le conseguenze poco male! La Calabria è indubbiamente tra le regioni più coinvolte, dato che proprio a Cetraro è allocata la cosca il cui autoctono boss Franco Muto, riconosciuto boss mafioso, ha il suo quartier generale. Ma questo non sembra interessare il Governo Centrale, tanto meno a quello Regionale che non prende posizione, né propone soluzioni alternative per superare ed annullare una decisione che ci sembra assurda. Riteniamo, infatti, che la decisione di chiudere il posto di Polizia di Cetraro non sia legata ad un problema strettamente economico e finanziario di costi e spese, perché se così fosse, sarebbe sufficiente eliminare, queste si, le segreterie personali dei singoli deputati e senatori e gli affitti esorbitanti degli stabili adibiti unicamente apreservare un beneficio assurdo, stornando le centinaia di migliaia di euro elargiti dallo Stato ed ecco così che si potrebbero trovare i fondi per non chiudere molti uffici di pubblica utilità.
Ma se proprio deve essere chiuso il posto di Polizia di Cetraro, data la sua relativa distanza da Paola, dove c’è un Commissariato di Polizia, allora perché non pensare di aprirlo a Scalea, città dove non più tardi di due anni fa il Comune è stato Commissariato per mafia e molto più lontana da Paola? La Compagnia dei Carabinieri della città, tra l’altro, non può sopperire all’ordine ed alla sicurezza pubblica facendo leva unicamente alle forze in campo ed un aiuto in più sarebbe una mano santa per i cittadini.

Per cui Municipalità e Cittadinanza chiede il differimento del decreto Pansa in vero e proprio trasferimento di personale nella città di Scalea, anche in vista della prossima stagione estiva, quando si sa le presenze di turisti e di non residenti che comunque possiedono un immobile, aumentano vertiginosamente causando seri problemi di ordine pubblico.

Municipalità e cittadinanza

venerdì 9 gennaio 2015

LETTERA APERTA ALL’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA DEL COMUNE DI SCALEA: BASTA TASSE!!!

“L’Amministrazione controllata del Comune di Scalea non può e non deve applicarea pioggia tributi per risanare i conti ed appianare un bilancio in rosso facendolo ricadere esclusivamente sulle spalle dei contribuenti.
L’ultimo mese dell’anno appena trascorso ed in questi giorni stanno giungendo nelle case degli scaleoti e di quelli non residenti, solleciti di pagamento molti dei quali riferiti anche al 2009. Non solo, la stessa amministrazione nella seduta straordinaria del 30 settembre 2014 ha approvato, con la delibera n. 56, le nuove tariffe per il servizio idrico integrato per il 2014 aumentandole del 24,60%.
Un fatto senza precedenti che la dice lunga sul modo fin troppo chiaro scelto ed applicato da questa amministrazione, giunta al Comune a seguito delle vicende scandalose della precedente giunta arrestata interamente.Municipalità e Cittadinanza, pur riconoscendo le giuste motivazione che indussero a commissariare l’ente, non può disattendere le lagnanze dei cittadini sempre più emarginati, frustrati, in preda a lacerazioni, divisioni e scontri sociali.
Siamo anche consci che se ciò potesse essere utile a garantire i servizi sociali, oltre che ad offrire opportunità di lavoro, saluteremmo i sacrifici con spirito di servizio sapendo che il fine giustifica i mezzi. Il problema serio e drammatico è che qui si parla solamente di tasse e balzelli che vanno ad incidere unicamente sulle famiglie già provate e massacrate da Tasi, Tari, Imu e così via, senza alcuna logica o migliorie e benefici per la città, in perfetto stile burocratese.
Pertanto, attraverso la stampa, chiediamo un incontro con il Commissario Straordinario affinchè ascolti le ragioni del nostro disappunto che giungono direttamente dal popolo.Se questo stato di cose proseguirà, MeC è pronta a scendete in piazza proclamando una giornata di protesta cittadina, perché il compito che si prefigge ogni componente del mondo politico ed amministrativo di un società civile che si rispetti è quello di stare vicino alla gente, alle attività produttive, agli esercenti commerciali, alle famiglie, ai pensionati, ascoltando e raccogliendo i timori, gli umori, le aspettative e le difficoltà dell’intera comunità, non certo l’applicazione intransigente e pedissequa di provvedimenti e decisioni che probabilmente se ne potrebbero fare a meno”.

Il Segretario Nazionale di MeC

Francesco Saverio Di Lorenzo

giovedì 8 gennaio 2015

Una matita contro le armi...

Siamo tutti francesi...
Una frase che riecheggia all'unisono da anni, così come siamo tutti americani, siamo tutti spagnoli, siamo tutti europei, ma, soprattutto, siamo tutti cittadini del mondo. Del mondo della comunicazione. Del mondo dell'informazione colpita al cuore. Un cuore fragile, infilzato da una lama che nessuno mai dovrebbe usare.
Siamo tutti ''Giornalisti''. Giornalisti con la ''G'' maiuscola. Un humus che porta ad essere ognuno di noi sempre in trincea per raccontare, per narrare il quotidiano, a volte anche ironizzando sui fatti, scrivendo, disegnando, ma mai per denigrare alcuno.
Ciò che è accaduto a Parigi fa rabbrividire. Porta con se tanta tristezza per le vittime di una strage inutile. La violenza uccide.
Oggi piangiamo 12 vittime ed è come se tutti noi umani onesti fossimo stati colpiti nell'anima da un gesto senza senso. Vedere le immagini di un poliziotto inerme, ucciso a sangue freddo è un orrore.
Ecco perché da oggi sarò con la mia matita in mano per continuare a farla scorrere in fiumi ricchi di pace e amore verso il prossimo.
Onore ai miei colleghi caduti e alle forze dell'ordine che ci proteggono costantemente...

Maria Cristina Saullo

mercoledì 7 gennaio 2015

Tributo a Pino Daniele

A te che sei sempre con noi...
A te che risplendi di luce tua propria...
A te che con le tue canzoni hai portato poesia pura nella nostra anima...

NAPUL'È

Pino Daniele

Napule è mille culure, Napule è mille paure
Napule è a voce de' creature che saglie chianu chianu
E tu sai ca nun si sule

Napule è nu sole amaro Napule è addore e mare
Napule è na carta sporca e nisciuno se ne importa
E ognuno aspetta a 'ciorta

Napule è na' camminata, inte e viche miezo all' ato
Napule è tutto nu' suonno e a sape tutto 'o munno
Ma nun sann' a verità

Napule è mille culure, Napule è mille paure
Napule è nu sole amaro, Napule è addore è Mare
Napule è na carta sporca e nisciuno se ne importa
Napule è na' camminata inte viche miezo all'ato
Napule è tutto nu suonno e a sape tutto o' munnoù

Napule è mille culure, Napule è mille paure
Napule è nu sole amaro, Napule è addore è Mare...

Ha vinto lo Stato. Ha vinto l'Italia. Abbiamo vinto tutti noi.

  30 anni di latitanza. 30 anni di misteri, depistaggi, ombre sul latitante più ricercato al mondo. Questa mattina, all’alba, in una clinica...