Vi propongo un articolo che va dritto al cuore. Pensieri e parole di un giovane giornalista maratoneta che nel suo humus ha quel non so che di speciale nel raccontare storie di vita vissuta.
Buona lettura
Per
un maratoneta la maratona di Boston non è una semplice gara, non è
una maratona come le altre, è la Maratona, con la emme maiuscola, la
più vecchia tra le gare annuali, 117 edizioni fin qui disputate
compresa quella dieri, la più affascinate, quella che almeno una
volta nella vita va corsa, quella che parte fuori la città per poi
arrivare al centro di una tra le metropoli più belle d’America e
del Mondo. Per chi corre quei 42,195 km, per chi soffre, sogna e si
commuove sull’asfalto, il giorno di una partecipazione ad una
maratona è tra i più emozionanti della propria vita, viene dopo
mesi di allenamenti, dopo ore passate ad immaginarsi come sarà la
partenza, l’arrivo e la gara tutta, studiando i tempi di recupero e
i rifornimenti vari, viene dopo un attenta preparazione fisica e
mentale, e per i 25000 partecipanti alla gara di ieri sarà stato
sicuramente così. Chi ha deciso di sconvolgere il mondo intero, ha
fatto terribilmente bene i suoi calcoli, lo ha fatto in un posto in
cui in quel momento potenzialmente si riversavano circa 40000 anime,
tra atleti e spettatori, lo ha fatto all’arrivo dove tutti stanno
con gli occhi puntati e le telecamere accese, in attesa dei propri
cari, e soprattutto lo ha fatto quando in transito c’erano la
maggior parte dei maratoneti. I top runner, infatti erano arrivati
già da circa due ore, chi doveva vincere lo aveva già fatto e il
trionfo era per tutto gli amatori, che poi sono lo zoccolo duro di
ogni gara. In quei momenti, quando hai il traguardo davanti a te,
liberi la mente, c’è chi non trattiene le lacrime per la gioia,
chi cerca parenti e amici, chi alza le braccia al cielo e si prepara
a vivere il proprio momento di gloria, e senza dubbio un attimo
“leggero”, in cui si è davvero in pace con se stessi, e invece
ieri, qualcuno ha deciso di spezzarlo, di rompere quella pace
interiore di ogni atleta, di spezzare il silenzio con due boati, che
hanno macchiato di sangue una manifestazione così pura e pulita e
limpida come una maratona. Tre morti, quasi duecento feriti, un duro
attacco allo sport inteso come aggregazione, non c’è in tutto il
mondo un fenomeno così partecipativo a livello sportivo che non ha
mai avuto episodi di violenza alcuna, è una festa, ma nel vero senso
della parola. La corsa è lo sport più elementare e la maratona è
la sua espressione migliore, e da ieri è stata sporcata per mano di
chi non ha avuto nessuno scrupolo, da chi ha pensato bene ai suoi
obbiettivi e senza dignità e coraggio ha deciso di perseguirli in
questo modo miserabile. La maratona di Boston da ieri sarà sempre
ricordata per questo vile attacco, ma il mondo delle corse non si
fermerà, domenica si correrà a Londra e in Grecia, come ogni
settimana ognuno farà i conti con i propri limiti e percorrerà i
propri 42,195 km, dimostrando che la forza e la tenacia di un
maratoneta sono più forti di qualsiasi vile attacco.
Matteo Saullo
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