Non è facile per me, oggi, riuscire ad esprimere quanta tristezza e sgomento prova il mio cuore, all'indomani di ciò che è accaduto a Roma.
E' inutile ripercorrere tutte le tappe di un gesto, per me, inconsulto, di un uomo che nella sua folle disperazione ha colpito due militari dell'arma. Due uomini che erano li, davanti la sede del governo italiano, per tutelare le istituzioni nazionali, per proteggere noi tutti in un momento così difficile per la nostra bella Italia.
Vivo, in maniera viscerale, tutto ciò che accade intorno a me. Come giornalista, mi scontro, quotidianamente, con notizie che non vorrei mai dare.
Poi, quando si tratta di attacchi contro i carabinieri mi si appanna la vista. A momenti non riesco a riflettere. Stento a non perdere il controllo.
Sono figlia orgogliosa dell'arma dei carabinieri. Ho vissuto in una caserma per quasi 18 anni. So cosa vuol dire il sacrificio, il senso dello Stato. Quel senso di protezione che scaturisce da chi indossa quella divisa, sia essa dei carabinieri, della Polizia di Stato, della Guardia di Finanza, dell'Esercito.
Si tratta di uomini e donne che lavorano e si sacrificano per tutelare tutti noi. Uomini e donne con un cuore grande. Uomini e donne che, nonostante tutto, hanno un'anima sensibile e quel senso di umiltà che li porta a proteggere uno sconosciuto, un figlio, coloro i quali amano.
Non posso non essere vicina, ora, al brigadiere dei carabinieri che lotta per la vita in una stanza d'ospedale. A sua figlia e ai suoi parenti che gli stanno accanto. All'altro carabiniere, ferito da quella follia.
Oggi, ed è proprio il caso di dirlo, siamo tutti ''FIGLI DELL'ARMA'' e, come tali, dobbiamo continuare a rispettare coloro i quali operano per la nostra incolumità.
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