Ma i concorsi di bellezza
servono ancora?
C’è chi dice si…C’è chi dice
no… parafrasando, nel caso dell’ultima frase, una nota canzone del grande Vasco.
Si tratta di un quesito che
imperversa, soprattutto dopo il flop di ascolti dell’ultima edizione di Miss
Italia 2013 che ha incoronato, il 27 settembre scorso, su La7, la 19enne
messinese, Giulia Arena, quale testimonial della bellezza italica. I dati
Auditel sono chiari e indifferibili: 937.000 spettatori per uno share del 5,5%.
Un risultato raggiunto solo grazie alla diretta fiume, terminata a tarda notte,
che ha portato con se gli strascichi di una polemica, iniziata qualche mese fa.
Come è noto, un concorso di
bellezza non è altro che una competizione basata principalmente su un giudizio,incentrato
sulla bellezza fisica dei partecipanti, siano essi uomini o donne che sfilano
su una passerella, indossando abiti e costumi che risaltano la loro fisicità,
che si cimentano in prove di agilità, danza, canto e quant’altro.
Da qualche anno a questa
parte, però, pare che i metri di giudizio siano cambiati. A parte il
bell’aspetto delle partecipanti, sono venuti fuori altri canoni.
Oggi come oggi, ed è la
realtà, la donna si è emancipata. Non è solo gambe e bellezza fisica. C’è molto
di più.
E in questo caso la cultura
la fa da padrona. Ascoltiamo e ammiriamo donne bellissime che sanno parlare,
che sanno affrontare e rispondere a testa alta a domande, le più svariate, che
sono padrone di loro stesse e convinte del loro essere donne a prescindere
dagli stereotipi.
Comunque sia, non è un
concorso di bellezza a fare di una donna una Miss. I tempi sono cambiati.
Sicuramente continueremo a vedere e a commentare manifestazioni dove si esalta
la bellezza femminile come format che tira, in termini di ascolti, soprattutto
in rete (vedi Twitter o altri social network).
La valorizzazione del genere
femminile passa anche e soprattutto da ciò che la donna ha dentro e può
esternare non necessariamente partecipando ad un concorso di bellezza.
Maria Cristina Saullo
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